martedì 15 settembre 2015

sentenza cassazione su quale norma applicare in caso di sanatoria

Oggi alcune testate giornalistiche di urbanistica hanno postato la notizia della pubblicazione della sentenza cass. 3° pen. 31618/2015 (link al modulo di ricerca: basterà inserire 31618/2015) dicendo che secondo la sentenza, si sarebbe messo un punto fermo su una questione effettivamente annosa, cioè se in caso di sanatoria sia necessario fare riferimento alla normativa in vigore al momento della realizzazione dell'abuso o invece a quella in vigore al momento della presentazione della sanatoria. In realtà non è del tutto così, ma cerchiamo di fare un punto.
La vicenda si incentra attorno a delle opere edilizie svolte nel 2009-2010 sembra in difformità di una DIA regolarmente depositata: le opere hanno riguardato il frazionamento multiplo delle unità abitative di un intero stabile.

il tribunale nei primi gradi di giudizio aveva asserito che il titolo era congruo, in quanto le opere svolte sarebbero da intendersi di risanamento conservativo (ma invece noi tecnici sappiamo che il frazionamento, prima dello sblocca-italia, era da intendersi in ristrutturazione edilizia - benché nella norma nazionale ciò non fosse esplicitamente indicato - e solo le fusioni e i trasferimenti di vani tra immobili limitrofi si potevano considerare risanamento conservativo). Da quel che si capisce dalla sentenza (e non ci sono elementi per essere certi di ciò) tuttavia sembra una situazione effettivamente autorizzabile in DIA e riconducibile alla ristrutturazione edilizia, mentre invece ai committenti veniva contestato di non aver richiesto un permesso di costruire. Siamo in una regione diversa da quella di Roma, comunque nella capitale un intervento anche riguardante un intero stabile che riguardi la diversa configurazione delle singole unità immobiliari è una operazione autorizzabile in DIA e non in PdC.

Comunque quel che rileva, al di là della storia alla base della sentenza, è che in conclusione la Corte tiene molto presente il fatto che nel frattempo, nel 2014, è stata modificata la disciplina edilizia perché con lo "sblocca italia" i frazionamenti e le fusioni sono state specificatamente inserite nella "manutenzione straordinaria" assoggettabile a CILA, e anche in funzione di questo mutato panorama normativo, rigetta il ricorso del pubblico ministero dando ragione ai committenti delle opere edilizie.

Nella sentenza dunque si legge che "le attività intraprese dagli imputati vanno riconsiderate alla luce delle modifiche normative di cui sopra [lo sblocca-italia]" e questo farebbe pensare che l'orientamento della Corte sia per indendere la normativa vigente al momento della sanatoria quella valevole ai fini della determinazione del tipo di titolo da presentare, che poi è l'interpretazione più logica che si possa dare alla questione, visto che la normativa cambia in continuazione ed è tecnicamente impossibile ricostruirne l'esatto stato in un determinato momento del passato, considerandovi anche le mutazioni della normativa locale comunale e regionale. Tuttavia la sentenza non è resa con specifica focalizzazione su questo concetto, e quindi generizzarlo è, a mio avviso, andare un po troppo oltre la staccionata.

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