mercoledì 14 maggio 2014

le destinazioni ante prg devono essere fatte salve

Oggi un breve post per condividere con voi un documento che mi è stato mandato da uno di voi lettori del blog: si tratta di una circolare dipartimentale del 1998 (dunque anteriore all'attuale PRG), che, annullando una comunicazione di un paio di decenni addietro, specifica che sono sempre e comunque fatte salve le destinazioni d'uso (legittime e dimostrabili) degli immobili realizzati prima dell'entrata in vigore della 765/67.



La circolare ovviamente è precedente al nuovo piano, ma dato che anche il novo PRG di Roma ha all'interno delle NTA questo concetto, mi sembra di poter dire che questa affermazione valga ancora di più anche riguardo alle destinazioni d'uso certificabili e legittimamente costituite prima dell'entrata in vigore dell'attuale PRG: queste destinazioni devono essere considerate valide, anche se sono in contrasto con le previsioni e le norme del PRG vigente. Ovviamente, in caso di cambio d'uso, la nuova destinazione dovrà rispettare le norme di PRG, ma la legittimità della preesistenza deve comunque poter essere accolta, appunto anche se in contrasto.

Cliccate qui sopra per scaricare la circolare, prot. 28337 del 1998 Dipartimento IX (oggi Dip. PAU)

Il concetto purtroppo dovrebbe essere ovvio ma spesso non lo è: spero che questa circolare possa aiutarvi se siete entrati in conflitto col municipio che magari non vuole riconoscervi la legittimità di destinazioni d'uso precedenti ma in contrasto con l'attuale normativa.

Su questo argomento vi è di più da dire. Secondo la Giustizia Amministrativa (cons. di Stato sez. IV n°4841/2013) è legittimo qualunque cambio di destinazione d'uso avvenuto in data antecedente all'entrata in vigore della L. 47/85, che per prima ha previsto che debba esserci una regolamentazione, e che questa regolamentazione venga demandata alle Regioni. Dunque se un cambio d'uso (riferendosi sempre ad un volume comunque legittimo, dunque io riterrei esclusi da questo concetto i cambi d'uso da locale tecnico o inabitabile in locale abitabile, tipo da soffitta ad abitazione o da cantina a locale commerciale) è certificabile come avvenuto prima del 1985 (accertabile con planimetria catastale o con licenze commerciali) allora è da ritenersi legittimo a prescindere, in quanto il cambio d'uso, secondo i Giudici del Consiglio di Stato, in sé non era un intervento che la Legge ritenesse necessitante di titolo autorizzativo. Dello stesso tenore anche la più recente sentenza TAR Toscana sez. III n°1164/2018.

21 commenti:

  1. Gent.Le Arch. Campagna, al solito si chiede a Te quando altrove non si hanno risposte chiare e sempre ci dai una mano.
    Il problema che Ti pongo è questo:
    Premessa:
    devo realizzare un ristorante in tre unità immobiliari C1 diverse e con tre proprietari diversi (il mio Committente li ha in locazione), dovranno essere effettuati lavori edili ed impiantistici per l'adeguamento igienico-sanitario e per realizzare una cucina.
    Domande:
    1) che pratica fare? cioè è una CILA dove dichiaro che i locali saranno collegati tra loro solo per la durata dell'esercizio e non catastalmente o devo fare qualche altro tipo di pratica?

    2) la destinazione d'uso catastale è C1 per tutti e tre i locali posti al piano terra con vetrine su strada e finestrature adeguate, tutti e tre precedenti al 2008 con medesima destinazione d'uso, ma affittati come negozi, devo fare anche cambio di destinazione d'uso?
    Grazie tante per le risposte che mi potrai fornire.
    Arch. Daniela

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    1. c'è cambio di destinazione d'uso, ma dovrebbe poter andare anch'esso in CILA anche se a Roma lo applicano in pochi. la "fusione temporanea" non esiste, ma alcuni municipi la tollerano: l'immobile andrebbe fuso urbanisticamente, con catastalmente le proprietà lasciate distinte facendo delle dichiarazioni di porzione di uiu.

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  2. Gentile arch. Campagna,
    avrei bisogno di un suo consiglio vista l’ esperienza in materia.
    Premessa
    Un appartamento posto al piano terra nel Comune di Roma città storica Tessuto T6, immobile degli anni ’30 con regolare Concessione e Agibilità di quegli anni, accatastato fino al 1991 come A2 poi cambio di destinazione d’uso solo al Catasto (non trovo niente presso l’ufficio progetti ne archivio capitolino, ne ufficio condono ) da A2 ad A10 con la dicitura sulla pratica catastale: “ destinazione d’uso uffici ante 1967 “.
    In effetti ho ritrovato un’ autocertificazione dell’inquilino che già dal 1966 aveva in affitto quell’unità immobiliare ad uso uffici per il suo studio di commercialista. Inoltre esiste certificato anagrafico dell’inquilino ove sono presenti le sue variazioni anagrafiche ed in cui risulta che dal 1966 è nell’u.i. in oggetto.
    Il proprietario che ricevette il bene come eredità , ha sempre affittato e pagato come A10 ora desidera vendere e scoperta questa situazione riallineare il tutto. Inoltre ci sarebbe compratore interessato all’immobile, ma lo vorrebbe in A2 invece che in A10.
    Mi sembra impensabile fare due cambi di destinazione d’uso, vista l’onerosità per riportarlo in A2.
    Cosa mi consiglia di fare per mettere a posto questo pastrocchio?
    La ringrazio anticipatamente
    Arch. Marco

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    1. se non si trova niente all'urbanistica, l'unico documento che può attestare la legittimità a questo punto è il catastale del 1939: richiedilo al catasto unitamente ai modelli 1 e 5.

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    2. Grazie Architetto, accertato questo e avendo chiesto unitamente alla planimetria d'impianto i modelli 1 e 5 ho rilevato che è stata accatastata in origine come A2 .
      Dal 1966 , però era affittata ad uso ufficio e nel 1991 il tecnico fece il cambio di categoria A2 ad A10 , al Comune però non trovo nessuna autorizzazione in merito (manca il titolo). Il tecnico sull'accatastamento da A2 a A10 del 1991 dichiarò che ante 1967 era con dest. d'uso uffici e cambiò in A10.

      Secondo Lei occorre sanare con una Scia in sanatoria o dato che dal 1966 era già affittata ad uso ufficio si può certificare e regolarizzare così in Comune ?

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    3. se da catastale 1939 era A2, basta effettuare un ripristino in CILA della originaria consistenza e destinazione.

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    4. La ringrazio ancora, la sua competenza e disponibilità sono veramente uniche .

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    5. Gentile Architetto, la questione è andata un poco per le lunghe ..
      e desidero la sua opinione alla luce di questi ultimi risvolti.

      Ieri AL CATASTO
      mi hanno detto che visto che al Comune non ci sono titoli relativi a MdU e risulterebbe ancora del titolo originario del 1926 ad uso abitativo, secondo Lui si può fare un semplice DOCFA per RIPRISTINO STATO PRECEDENTE come da Planimetria d'impianto e modelli 1 e 5 e si risolve .....

      Oggi di ritorno AL MUNICIPIO, il Tecnico mi ha prospettato due vie :
      -un ACCERTAMENTO DI CONFORMITA' con SCIA a Sanatoria ,
      - una CILA in sanatoria ("ma bisogna vedere se la passano" parole del Tecnico)

      chiaramente con costi diversi e sembrerebbe senza oneri dato che non c'è mai stato aumento di SUL ne tanto meno opere interne ....

      Le ricordo che l'immobile è del 1926 regolarmente edificato con abitabilità coerente con la planimetria d'impianto catastale.

      Cosa fare?
      1) Solo il Docfa per ripristino ?
      2) la CILA ?Anche alla luce della circolare di Novembre 2107 visto che il passaggio è tra due cat diverse ?
      3) L'Accertamento di conformità in SCIA a sanatoria ? Non è che poi spuntano gli oneri anche se si è ripristinato lo stato originario?

      Come sempre la ringrazio anticipatamente
      Cordiali Saluti ed Auguri per le Feste

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    6. dovrei esaminare le carte e studiarmi la situazione per dare una risposta a questa domanda, non è questa la sede idonea purtroppo per riflessioni così approfondite e di dettaglio.

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  3. Ho una particolare situazione al riguardo da analizzare poichè mantiene alcuni punti oscuri.....
    Nel 2007 una signora acquista un unità immobiliare come negozio con tanto di destinazione d'uso C1 e Anni di contratti di locazione e licenze di esercizio a negozio precedenti il 67. Tuttavia l'immobile ha una licenza edilizia quale locale accessorio e quindi non commerciale.
    Quando con il nuovo PRG 2008 vuole affittare il locare gli si para il problema del suo uso a locale accessorio e quindi non affittabile come negozio. Il nuovo PRG a differenza della Circolare suddetta 28337 mette il titolo abilitativo prima dell'uso legittimamente in corso e pertanto quel locale non puo' essere un commerciale.... tuttavia all'atto della vendita lo era .... come si risolve la questione?...

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    1. in realtà - fose nella circolare si può leggere diversamente ma il succo è questo - si parla sempre e comunque di destinazioni legittime con titolo edilizio: sono quindi sempre fatte salve anche se in contrasto con il prg vigente (p.e. un negozio di oltre 250mq non potrebbe esistere in alcuni tessuti storici, ma può essere legittimato se è stato autorizzato in precedenza). Il requisito fondamentale è quindi sempre il titolo edilizio, che nel vostro caso mi sembra di capire che non c'è.

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    2. forse non mi sono spiegato bene.... il titolo edilizio c'è ed è una licenza edilizia del 59 come locale accessorio.
      Tuttavia il locale fu accatastato C1 e affittato come negozio dal 62 (ha anche un nulla osta sanitario)
      Nell'abitabilità viene definito accessorio ad uso vario.
      Secondo la circolare nel 2007 (anno in cui fu acquistato) essendo affittato dal 62 (con tanto di licenza di esercizio) era legittimamente in corso l'uso a negozio....
      Tuttavia con l'entrata in vigore del PRG 2008 la norma ha introdotto la clausola " La destinazione d’uso legittimamente in atto è quella risultante dal
      titolo abilitativo della costruzione, in assenza del quale, la destinazione d’uso è
      accertata..." pertanto avendo il titolo abilitativo che citava locale accessorio non poteva più affittarlo come negozio...
      Capisce che la situazione è paradossale ... ha comprato un negozio che un anno dopo non lo è piu'...
      mi chiedo la circolare che valenza ha ora?...
      nel mio caso poi essendo in corso una causa proprio al riguardo mi chiedo se con le norme di salvaguardia introdotte con l'adozione del 2003 del PRG nuovo non si possa comunque dire che tali norme avevano comunque annullato l'applicazione di tale norma!...
      la cosa è controversa... il suo parere?

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    3. per come la vedo io, con tutta la circolare precedente non del tutto chiara, non era in regola nemmeno prima, in quanto l'uso era comunque difforme da quanto autorizzato. Peccato aver perso le tre possibilità di condono nel tempo.

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  4. ma nel 1962 il cambio di destinazione d'uso senza opere non era lecito e non necessitava di comunicazione? non dovrebbero valere in questo caso l'accatastamento e il suo utilizzo?

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    1. in alcuni casi è possibile dichiarare la conformità della destinazione con l'accatastamento: va visto caso per caso.

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  5. Unità imm.re costruita in una palazzina terminata ante 67 per la quale esistono tre licenze (la prima e due varianti successive) delle quali è stata ritrovata presso il Comune per intero solo la seconda con relativa elaborazione grafica del progetto - come titolo abilitativo- che destinava l'unità a locale tecnico e l'ultima licenza rinvenuta presso i privati riportava la destinazione a cantina . La licenza di abitabilità originaria riporta la destinazione a cantina. Il bene è stato poi sempre compravenduto e accatastato come abitazione . Devo acquistare tale bene ma ho timore che sia abusivo - pur essendoci la destinazione d'uso ad abitativo da certificato catastale sin da prima del 67- per la non corrispondenza tra lo stato di fatto ed il titolo abilitativo rinvenuto che dimostra anche l'intervenuto aumento di volume ; il venditore vuole rendere solo la dichiarazione ante 67 . Alcun tecnico da me interpellato con i documenti che ho citato renderebbe la dichiarazione di stato legittimo . Secondo Lei è urbanisticamente legittimo?

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    1. se il progetto di ultima variante è irreperibile, e di ciò suggerisco di acquisire esplicita certificazione dell'ufficio, ci si può basare sulle risultanze catastali di primo impianto. tuttavia, se si tratta di una situazione che è palesemente fuori norma, nel senso che per le regole edilizie dell'epoca non era fattibile a prescindere, potrebbe non essere sufficiente affidarsi a questi documenti.

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    2. Grazie per la risposta. Il progetto dell'ultima variante è reperibile presso il condominio e dalla stessa si rileva che era una cantina e non abitazione . Ora l'attuale proprietario sostiene che comunque la planimetria catastale di primo impianto ( di 4 anni dopo l'ultima variante) valga come titolo edilizio considerando che al tempo non servivano autorizzazioni per i cambi di destinazione d'uso . Comunque non trova neppure lui un tecnico che asseveri lo stato legittimo di conformità urbanistica , che comunque mi sembra di capire sia cosa ben diversa dalla destinazione d'uso
      Grazie ancora

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    3. la valutazione dello stato legittimo comprende anche la verifica della rispondenza della destinazione d'uso a quanto effettivamente autorizzato: in ciò non vi è disgiunzione dei concetti. Si può fare un discorso, più filosofico che pratico, sul concetto del "quando" la destinazione d'uso è diventata effettivamente soggetta a licenza edilizia, ma è un discorso che non porta molto lontano. Il progetto è reperibile presso il comune? il fatto che il condominio ne possegga una copia può essere irrilevante se non si può dimostrare che è effettivamente copia dell'originale. Comunque mi sembra di poter dire che la situazione legittima è quella a cantine.

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    4. Grazie per la sua professionalità. L'ultima variante non è reperibile presso il Comune e - per quanto la stessa disponibile presso il Condominio e indichi la autorizzazione con destinazione Cantina - il venditore sostiene che ,proprio perchè l'ultima variante non è disponibile, ci si puo' avvalersi dell'art.9 bis con la planimetria catastale di primo impianto di 4 anni dopo l'ultimazione del fabbricato che indica il bene come uso abitazione . Lui vuole rendere solo la dichiarazione ante 67 e poi eventualmente spetterà a me iinterpellare un tecnico per l'accertamento di stato legittimo. Come dice Lei evidentemente la situazione legittima è cantina ma non posso dimostrarlo e quindi debbo pagare il doppio della caparra se non acquisto

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    5. mi sembra una situazione ambigua: da un lato il venditore non ha tutti i torti perché la legge effettivamente così dice, ma dall'altra gli elementi descritti meritano un approfondimento tecnico da fare in serenità. le suggerisco di contattare un tecnico di sua fiducia per un approfondimento specifico.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.