giovedì 10 maggio 2012

la CILA a Roma: i segreti per non sbagliare

Ecco un altro post dedicato agli amici tecnici: gli avventori non tecnici non si spaventino, presto pubblicherò nuove notizie di prossime realizzazioni in via di ultimazione.
Molti sanno che non si può fare in un appartamento una stanza da letto più piccola di 9mq ma per esempio non tutti sanno che una stanza dotata di finestra non può avere una dimensione compresa tra i 4 ed i 9mq, quindi o più piccola di 4 o più grande di 9! Purtroppo Roma è una città difficile in cui lavorare come tecnico del settore edilizia: la burocrazia è involuta su sè stessa tanto che alcuni divieti normativi si "scoprono" solo parlando con i tecnici comunali (quando ci si riesce a parlare e quando sono disponibili a dischiudere i loro preziosi segreti), e spesso tecnici diversi hanno opinioni diverse su cosa si possa autorizzare e cosa no perchè a loro volta i singoli municipi hanno diverse sfumature, quindi vi potrebbe capitare che una ristrutturazione autorizzabile in un municipio non lo sia in un altro. Voglio qui condividere con i colleghi quelle che sono le mie informazioni, ma anche le mie strategie, per fare delle CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) con la minore probabilità di venire rigettate. Non ho la pretesa di essere onniscente sulla materia, sarei uno sciocco se l'avessi: quindi questo vorrebbe essere anche un luogo di confronto con altri colleghi che volessero condividere le proprie esperienze.


post aggiornato al 21 agosto 2016. questo post è stato aggiornato diverse volte ma il 31 maggio 2015 in modo radicale: ho rimosso alcuni concetti ormai superati (il post ha circa tre anni ormai) ed ho corretto alcune inesattezze. Ho inoltre inserito una serie di link a molti dei più recenti post che ho scritto, per consentirvi un più facile approfondimento dei tanti temi trattati.
Anzitutto, chiariamo cosa verrà sviluppato in questo post: si tratta dei principi di base e le regole normative a cui attenersi quando si deve progettare una ristrutturazione su un immobile residenziale o commerciale esistente che preveda lo spostamento delle tramezzature interne. Nella maggior parte dei casi questo tipo di opere è soggetto alla cosiddetta CILA, la cui competenza è degli uffici tecnici dei municipi territorialmente competenti. In alcuni casi si può "sconfinare" nella più "potente" SCIA o addirittura in una DIA. Ma andiamo con ordine.


Vediamo quali sono i documenti normativi dove andare a cercare i vari vincoli che verranno qui discussi. Nel testo verranno citati come d.1, d.2, etc
  1. il regolamento edilizio del comune di Roma
  2. il regolamento edilizio sanitario
  3. il D.P.R. 380/01
  4. la circolare esplicativa che il Dipartimento Attuazione Urbanistica ha pubblicato poco tempo fa
Io ritengo che la materia possa essere divisa in due parti: 1. le regole tecniche specifiche da seguire quando si progetta una nuova planimetria residenziale, spostando tramezzi e porte; 2. le regole generali da rispettare senza le quali non è possibile presentare una pratica edilizia.
è utile chiarire alcune definizioni essenziali:

  • per superficie utile (di seguito SU) interna di una stanza si intende la superficie calpestabile calcolata sul perimetro delle pareti interne, escludendo gli imbotti delle finestre. La SU contempla anche eventuali corridoi inglobati nell'ambiente o anche lo spazio di un ingresso, se è inglobato nel salone, benché ciò sia a discrezione del tecnico;
  • per superficie finestrata (di seguito SF) si intende la superficie apribile della finestra, quindi in teoria si dovrebbe considerare la misura interna al netto del telaio delle ante ed escludere eventuali porzioni non apribili dell'infisso;
[paragrafo aggiunto in data 30/03/13] Prima di addentrarci nella lettura del post desidero linkarvi alcuni miei stessi articoli, scritti posteriormente a questo, che possono tornare utili come guida o come ulteriore approfondimento:

parte1: le regole tecniche che devono essere rispettate nella redazione del progetto planimetrico

queste regole sono per lo più raggruppate nella d.1 e qualcosa si trova di riflesso nella d.2. Possono essere descritte come una sorta di elenco, in base alla destinazione d'uso dell'ambiente interessato:
  • cucina: deve avere una cubatura minima di 15mc, indipendentemente dalla SU; deve avere una SF "verso l'esterno" di 1,5mq minimo, indipendentemente dalla SU; NON può affacciare sulle chiostrine interne degli edifici, ma sui cortili si, come pure nei cortili secondari ammesso che sia l'unico ambiente a farlo. La questione dell'avere più di una cucina nella stessa unità immobiliare è controversa: in teoria il regolamento edilizio non lo vieta, ma le norme catastali si: tendenzialmente, comunque, non è possibile indicare più di una cucina per ciascuna unità immobiliare. Deve avere una altezza interna "non inferiore a quella degli ambienti principali" che non si sa bene cosa voglia intendere; gli altri "ambienti principali" comunque non possono avere altezza inferiore a 270cm quindi si presuppone che ciò valga anche per la cucina. L'estrazione meccanica dei fumi sui fornelli "fino in copertura" è sempre obbligatoria, ed è sempre buona norma indicare la presenza - se c'è - della canna fumaria condominiale o quantomeno indicare il percorso del condotto di estrazione. Se non è possibile agganciarsi ad una canna fumaria esistente che porti fino al tetto o se non è possibile realizzarla, l'unico modo per aggirare il vincolo è installare delle piastre di cottura elettriche. Da una cucina non si può accedere direttamente ad un bagno (art. 34 del regolamento d'igiene): l'obbligo è esteso, secondo me, anche ai saloni con "angolo cottura";
  • camera da letto: deve avere una SU minima di 14mq se per due persone e di 9mq se per una sola. Nessuna norma vieta di avere solo camere da meno di 14mq, ma alcuni municipi richiedono che se vi è una sola camera da letto, allora questa deve essere almeno da 14mq: ciò non sta scritto da nessuna parte, ma sappiate che potreste trovare problemi riguardo questo aspetto. Deve essere servita da una finestra con SF pari o superiore ad 1/8 della SU (in passato tale limite era 1/10: per questo potreste trovarvi a che fare con immobili che, seppure legittimi, non rispettano tale parametro) e l'ambiente deve avere un fattore medio di luce diurna pari ad almeno il 2%. Se l'immobile affaccia in un cortile, la finestra deve avere una normale libera variabile da 6 ad 8 metri a seconda dell'altezza complessiva del cortile; viceversa se non affaccia sul cortile formalmente non c'è una normale libera minima, posto comunque che la presenza di un ostacolo molto vicino influenza direttamente il fattore medio di luce diurna. L'altezza interna utile deve essere di 270cm: ciò significa, in teoria, che in una stanza alta già 270cm non potreste fare alcuna controsoffittatura. Non è vietato fare una camera da letto che entra solo da un'altra camera senza essere direttamente servita da un corridoio (quindi una camera che entra dentro l'altra).
  • salone, soggiorno, pranzo: deve avere una SU minima di 14mq, anche se ingloba l'angolo cottura il quale non può essere inserito in nicchie o ambienti parzialmente separati purché "ampiamente comunicanti". Deve avere una finestra con SF non inferiore ad 1/8 di SU ed un fattore medio di luce diurna pari o superiore al 2%.
  • bagni: non vi è SU minima (attenzione: se state ristrutturando l'immobile per farne una casa vacanza o un B&B potrebbero esservi limiti specifici alle dimensioni minime) nè l'obbligo di dotarlo di finestra: anche se l'appartamento è dotato di un solo bagno, questo può essere cieco. Il bagno, o almeno uno dei bagni dell'appartamento deve essere "completo", ovvero deve contenere un lavabo, un vaso, un bidet ed una vasca (o doccia in alternativa). Inoltre, tutti i bagni ciechi devono essere dotati di ventilazione meccanica (è sufficiente un estrattore meccanico). Il bagno può entrare da qualunque ambiente della casa tranne che dalla cucina, nel rispetto dell'art. 34 del regolamento d'igiene; tuttavia, se dotato di antibagno, si può superare il problema. In sostanza la regola è che da dove si preparano i cibi a dove c'è il vaso bisogna sempre attraversare almeno due porte, senza vincolo di distanza minima da dover percorrere. Attenzione per chi viene da fuori Roma: in molti altri comuni d'italia se il bagno affaccia sulla cucina o sul salone è comunque obbligatorio dotarlo di antibagno, mentre a Roma come visto l'obbligo è diciamo implicito per le cucine, mentre per i saloni non ci sono limitazioni. Nell'elaborato grafico conviene disegnare i sanitari del bagno principale, facendo così vedere che state rispettando la norma che impone la presenza per ogni alloggio di un bagno "completo" (art. 41 comma c del regolamento edilizio); sui bagni ciechi ricordatevi di disegnare, con una linea tratteggiata, il condotto di estrazione dell'aria o, se non l'avete ancora definito, comunque inserite la dicitura generica "bagno /c estrattore" o qualcosa del genere. Considerate che il praticare un foro esterno, sia esso in facciata interna che esterna, necessita della SCIA edilizia, e prestate particolare attenzione agli immobili vincolati o siti all'interno delle mura aureliane. L'altezza minima dei bagni è di 240cm.
  • wc: sono dei bagni a cui manca uno o più degli accessori di base. Generalmente per wc si intende un ambiente con lavabo e vaso. Laddove vi sia il vaso, è obbligatoria la ventilazione meccanica in caso di ambiente cieco.
  • corridoi, ingressi, disimpegni: non ci sono particolari indicazioni per queste categorie a parte il fatto che devono avere una altezza minima utile di cm. 240, come i bagni. Attenzione: se l'ingresso non è un ambiente chiuso da porte allora non è un ingresso ma fa parte dell'ambiente principale a cui è annesso (generalmente il soggiorno) e quindi non va nemmeno indicato come tale e deve quindi avere una altezza minima utile di 270cm; sempre in questo caso concorre alla determinazione della superficie dell'ambiente principale per i calcoli dei rapporti aeroilluminanti. Alcuni ritengono che anche solo un muretto basso sia sufficiente a separare l'ambiente ingresso dall'eventuale soggiorno: ciò spesso serve soprattutto al fine di rimanere nelle ristrutturazioni all'interno del parametro dell'1/8.
  • ripostigli: non hanno una dimensione minima, ma se superano i 4mq di superficie allora non possono avere una finestra con nessun tipo di affaccio, anche su pozzi di luce e cortili. La norma, che sembra strampalata e forse lo è, serve per evitare che si faccia una distribuzione di un appartamento con delle stanze da letto di dimensioni inferiori ai 9mq dichiarandole dei ripostigli.
  • la caldaia a gas ed il condizionatore, se devono essere installati all'esterno, necessiterebbero di un titolo abilitativo superiore alla CILA (la SCIA in particolare), anche se fossero di quella tipologia che ncessitano solo di due fori all'esterno. Inoltre, se ci trovassimo in zona vincolata, l'installazione di questi elementi è soggetta all'autorizzazione dell'ente o amministrazione che tutelano il vincolo. Più di recente, comunque, la normativa ha "liberalizzato" l'installazione dei condizionatori con potenza nominale fino a 12kW, ma l'obbligo di autorizzazione rimane comunque nelle zone vincolate da vincoli paesaggistici o all'interno delle mura Aureliane. Per le caldaie formalmente non c'è mai stata nessuna analoga liberalizzazione. Dunque se nella ristrutturazione sono previsti dei condizionatori o caldaie, per rientrare in CILA dovrebbero o essere di sola sostituzione di elementi esistenti, oppure dovrebbero non avere rilevanza esterna. A mio parere - e potreste trovare opinioni discordanti - una caldaia che non ha rilevanza esterna ma che è installata in esterno è per esempio una caldaia a totale scomparsa nel muro, da installarsi in nicchia, con lo sportello verniciabile del colore del muro esterno. Un condizionatore invece che non ha rilevanza esterna è uno posto dietro ad un parapetto in muratura o altra posizione invisibile dal prospetto del fabbricato (attenzione: questa interpretazione non è unanime nei municipi). Purtroppo in questo passaggio la normativa si fa abbastanza pesante, perché rischia di costare di più una pratica autorizzativa per installare un condizionatore che non il condizionatore stesso, ma tant'è. Comunque se si sta impostando da zero una pratica per opere interne, fare una SCIA piuttosto che una CILA non sposta di molto i costi generali, ma attenti alla sanatoria, che invece ha implicazioni del tutto differenti tra le due procedure, quantomeno a Roma.
  • soppalchi non abitabili: la materia è trattata di recente anche nel d.4 a cui conviene dare una letta. la presenza dei soppalchi non abitabili, quei banali cartongessi magari un po rinforzati nella struttura per poter reggere due valigie vuote e i vecchi libri di scuola potrebbe scatenare problematiche burocratiche inattese. Secondo le aggiornate norme tecniche sulle costruzioni (vi è stato un ulteriore aggiornamento nel giugno del 2016) e secondo varie interpretazioni regionali tali manufatti rientrerebbero nelle strutture non soggette ad obbligo di deposito del progetto (soprattutto se di superficie inferiore ai 10mq, ma anche perché considerabili come strutture in cartongesso leggere: ciò sta comunque alla sensibilità del tecnico progettista e del tecnico istruttore comunale), anche se sono talmente bassi da non poter in alcun modo sopportare carichi importanti. Secondo l'interpretazione più diffusa, tali manufatti vanno autorizzati in SCIA, ma alcuni municipi ve li autoruzzerà anche in CILA. I soppalchi vanno sempre indicati sia in planimetria che in sezione, ed io faccio sempre una descrizione del sistema costruttivo accompagnando il tutto da due calcoletti striminziti di verifica strutturale. Non potete realizzare, in ogni caso, soppalchi con un'altezza utile superiore a 150cm perchè in questo caso diventano "superficie utile" e quindi servirebbe richiedere un permesso di costruire per nuova superficie non abitabile.
N.B.: per quanto riguarda i rapporti aeroilluminanti c'è da dire che in alcuni municipi, quando ho sollevato il problema che alcuni ambienti molto grandi erano "svantaggiati" da particolari scelte distributive (tipo l'avere un soggiorno non separato dall'ingresso o dal corridoio, e quindi l'avere degli ambienti con una superficie effettiva da "aeroilluminare" anomalmente maggiore di quella che effettivamente rappresenta l'ambiente), mi hanno detto che si possono omettere dal calcolo delle superfici le "appendici" eventualmente chiudibili. In altri muncipi tuttavia mi hanno categoricamente detto il contrario. Morale: se vi trovate ad avere a che fare con un ambiente molto grande che ha delle strane appendici tipo ingressi, corridoi non separati da una porta, potrebbe essere legittimo scorporare questi elementi serventi dal calcolo della superficie, ma fatelo solo se è davvero indispensabile per far verificare i rapporti aeroilluminanti. [paragrafo aggiunto in data 18/03/2013]
Altre destinazioni d'uso non citate per i singoli ambienti non sono ammesse: per esempio non è possibile, nel territorio del Comune di Roma, realizzare una stanza "studio" per aggirare la norma che impone stanze con dimensione minima di 9mq. Evitate di indicare destinazioni d'uso magari reali ma non "codificate" come "lavanderia" (è un ripostiglio o un wc), "camera di servizio" (è una camera da letto), "anticamera" (è un disimpegno o un corridoio), "cabina armadio" (è un ripostiglio).

Per le destinazioni d'uso ad ufficio, in particolare riguardo alla necessità di presentare una pratica per le cosiddette "pareti mobili", potete fare riferimento a quest'altro mio più recente post.

regole e/o consigli per il disegno tecnico:
  • fate tre distinti disegni planimetrici: l'ante operam, il post operam e una planimetria intermedia con indicazione delle pareti che demolite e quelle che ricostruite (l'ideale sarebbe farle colorate). La scala ideale per rappresentare gli appartamenti è 1:100. aggiungete almeno una sezione in cui si veda l'altezza delle finestre in sezione od in prospetto; se avete dei soppalchi strutturali, fatevi capitare la sezione in modo tale da individuarli. Se serve fate più sezioni.
  • nel disegno tecnico inserite solo le quote principali degli ambienti; non disegnate arredi, pavimenti od altro: tutto quello che inserite nel progetto può essere usato contro di voi quindi deve esserci rappresentato solo ciò che è soggetto a normativa.
  • nella planimetria indicate sempre con cosa confina l'appartamento: può essere il vano scale, un altro appartamento della stessa scala (nel caso indicate l'interno dell'appartamento confinante: "appartamento interno xx"), un appartamento di un'altra scala, un locale commerciale o di altra destinazione e, ovviamente, gli affacci e/o distacchi: nell'affaccio sulla strada indicate direttamente il nome della strada, mentre se affacciate su uno spazio indefinito tra due fabbricati potete indicare "distacco verso altro fabbricato a destinazione ...". Indicate ovviamente con attenzione le eventuali chiostrine, cortili o cortili secondari (leggi dopo)
  • fate un riquadro per ogni singola stanza in cui indichierete i vari dati necessari al tecnico del comune per valutare la congruità: potete raggrupparvi la destinazione d'uso, l'altezza, la SU, la SF e quanto altro riterrete necessario;
  • non dimenticate mai l'orientamento;
  • in corrispondenza della porta d'ingresso, riportate il numero d'interno;
  • inserite nei disegni un bel frontespizio in cui inserite tutti i dati necessari: indirizzo dell'immobile, coordinate catastali, proprietario, richiedente se diverso dal proprietario, una breve descrizione delle opere, la data, cosa contiene il disegno e, ovviamente, lo spazio per il vostro importantissimo timbro.
  • non è necessario fare la "strisciata" unica dei disegni: si possono benissimo portare più tavole magari in formato A3. Se portate più tavole, abbiate cura di timbrare ciascuna tavola. In alcuni municipi vi chiederanno di timbrare anche la giunzione tra le tavole: io lo faccio sempre indipendentemente da che lo chiedano o no.
  • è buona norma inserire nelle tavole progettuali anche l'estratto di PRG (che citerete poi nella relazione tecnica) e un aerofotogrammetria (google maps va più che bene) del palazzo inserito nel suo contesto urbano. è saggio anche fare l'estratto di mappa catastale (alcuni municipi, come il primo, lo richiedono comunque) ma lasciatelo a parte, senza inserirlo nei disegni tecnici. Io inserisco sempre anche la visura del PTPR e l'estratto della carta per la qualità.

Tornando al discorso generale sugli ambienti, considerate che le altezze indicate dei locali si intendono "minime inderogabili", quindi non sono "altezze medie": una camera da letto quindi non può essere per metà alta 300cm e per metà 240cm, ma deve essere tutta minimo 270cm. I salti di quota dei soffitti vanno sempre indicati, ma si possono omettere sia dai disegni sia dal calcolo delle altezze i controsoffitti che non hanno ruolo strutturale (come tra l'altro spiega bene il d.4).
è importante anche cogliere la differenza normativa tra cortile, cortile secondario e chiostrina: le varie definizioni sono raccolte negli artt. 29-33 del regolamento edilizio Se il nostro appartamento affaccerà su uno spazio assimilabile ad una chiostrina, allora NON potranno affacciarvisi nè cucine nè camere da letto, ma solo bagni e corridoi (potrà affacciarvisi una camera da letto se questa avrà anche un affaccio "regolare" da un'altra parte ma, in questo caso, il rapporto aeroilluminante deve essere rispettato dalla sola finestra con affaccio regolare quindi come se la finestra sulla chiostrina non esistesse o fosse murata: attenzione, questa è una mia libera interpretazione, ma a leggere la disposizione del regolamento edilizio, si potrebbe anche interpretare in senso completamente chiuso ovvero che gli ambienti abitabili non possono avere nessun affaccio sulle chiostrine, a prescindere dagli eventuali altri affacci legittimi); se invece affaccerà su uno spazio interno che rispetta i parametri del cortile, allora potrà anche interamente affacciare internamente; se invece abbiamo a che fare con un "mezzo cortile", una sorta di incrocio tra un cortile ed una chiostrina, allora potrà affacciarvisi solo una camera abitabile (quindi camera da letto o cucina) solo se l'appartamento contiene almeno altre due stanze che affacciano altrove e se complessivamente per ciascun piano non vi sono più di quattro camere di altrettanti appartamenti con lo stesso affaccio. Purtroppo spesso si interviene su edifici, in particolare nel centro storico, che non rispettano queste regole perchè edificati precedentemente all'entrata in vigore del pur desueto d.1: secondo le nostre leggi, ogni volta che si interviene su un appartamento questo dovrebbe rispettare tutte le normative in vigore al momento di presentare la pratica, ma se abbiamo un appartamento con affaccio interno in centro storico quasi certamente non potrà mai rispettare i parametri richiesti, pur essendo stato regolarmente edificato. Quindi ci troviamo in uno dei tanti "buchi" normativi della burocrazia italiana. Come venirne fuori? In questi casi è sempre bene dimostrare che la situazione era legittima al momento in cui fu realizzato l'immobile: ciò non sempre è possibile, ma in ogni caso, l'importante è avere a che fare con immobili legittimi da un punto di vista urbanistico.

Altro tema simile, soprattutto come conclusioni, riguarda il "fattore luce diurno" che dovrebbe essere rispettato in ogni ambiente di ogni ristrutturazione: su come si calcola ho scitto un ampio post apposito. Purtroppo ciò può rappresentare un limite soprattutto quando si interviene in centro storico, dove spesso gli appartamenti affacciano su strade buie e strette. La norma è probabilmente concepita per le nuove costruzioni, ma messa nel d.1 senza specificare nulla significa che, per Legge, vale anche per le ristrutturazioni. Per questo aspetto vale la conclusione del paragrafo precedente: se interveniamo su un immobile che legittimamente non rispetta tali parametri (appunto perché edificato in periodo antecedente all'entrata in vigore del vincolo normativo - anno 1975) sarà sufficiente dimostrare questo aspetto con la documentazione probante.
In questo caso, come nel caso precedente, è bene non modificare l'ambiente che non rispetta il limite normativo perché se lo si modifica, allora si è vincolati al rispetto dei parametri odierni.

Concludo la parte 1 con un consiglio pratico da usare solo in caso di totale impossibilità a rispettare le regolette indicate: considerate che le falegnamerie sono considerate arredo, e sull'arredo non ci sono obblighi di nessun tipo perchè sono assimilabili alle opere rimovibili. Se, per esempio, per esigenze progettuali avete assoluto bisogno dell'angolo studio di 6mq con la finestra e non riuscite a fare diversamente, allora potrete proporre alla committenza di far risultare l'ambiente annesso al corridoio od ad un altro ambiente principale, per poi ricavare lo studio chiudendolo con una parete in falegnameria. Teoricamente, in caso di controlli potrebbero comunque storcere il naso, ma quantomeno la responsabilità sarebbe solo ed esclusivamente del committente e non vostra. A tutela sia del tecnico che della committenza, nel caso in cui si attuino questi escamotage, è bene creare una documentazione fotografica dello stato dei luoghi post-operam e sottoscriverlo da entrambe le parti.

parte2: le regole normative correlate all'autorizzazione edilizia in sè, indipendentemente dal progetto planimetrico

Molte di queste regole le ho già sviscerate nella parte 1, quindi qui mi limito ad individuare quei punti essenziali senza i quali la vostra pratica verrà rigettata a priori, anche con il progettino più bello del mondo. Un tema dai concetti molto semplici ma che può avere risvolti drammatici è quello della ricerca della legittimità della preesistenza: al Comune importa moltissimo che l'immobile su cui state presentando la pratica sia stato regolarmente costruito ma non solo: è importantissimo (anche se ad un comune mortale potrebbe sembrare una cosa secondaria, e magari lo è) che anche la distribuzione planimetrica dell'"ante operam" sia stata a sua volta autorizzata: quindi o ci troviamo di fronte ad un appartamento che non ha mai subito modifiche dalla sua costruzione (in questo caso il nostro "stato" sarà conforme all'originaria licenza di costruzione), oppure dovrà essere stata presentata negli anni addietro una DIA o un cosiddetto "articolo 26" citando l'omonimo articolo della legge 47/85 che per primo ha istituito una sorta di autorizzazione specifica per le modifiche interne di un immobile (prima dell'art.26 per spostare una porta lungo un muro o per demolire un tramezzo bisognava chiedere la licenza edilizia, la stessa che serviva per costruire gli edifici nuovi: si avete letto bene). Dunque come si verifica la legittimità della preesistenza? in linea teorica bisognerebbe recarsi presso il Dipartimento Attuazione Strumenti Urbanistici e fare una visura del certificato di agibilità (che intanto potete verificarne l'esistenza dal portale del comune, nella sezione riservata agli utenti iscritti e verificati, sotto la voce "servizi edilizi") e della licenza edilizia: una volta fatto ciò, potrete richiedere di visionare i progetti originali del fabbricato per poter verificare se la distribuzione interna del vostro appartamento coincide con quanto depositato in origine al Comune. Dato che questa procedura non è nè veloce (passano anche 30giorni da quando i grafici si rendono disponibili alla visura) nè esile (anche se adesso è possibile fare la richiesta del fascicolo on-line) conviene accontentarsi della visura dell'esistenza del certificato di agibilità. Per immobili costruiti dopo il 1967 ci viene in aiuto il rogito notarile d'acquisto: in tali casi infatti il permesso di costruire deve essere citato espressamente e precisamente. Per gli immobili edificati prima del 1942 invece sorgono nuovi ed inusitati problemi: in questo anno è stata emanata la legge nazionale che istituì la licenza edilizia: in pratica prima del 1942 si poteva ancora costruire "senza dire niente a nessuno" (anche se a Roma il parere della commissione edilizia per l'edificazione è obbligatorio dal 1880 almeno): come andare a verificare, in questo caso, la legittimità della preesistenza? si hanno diverse vie: 1. andare in catasto e verificare se per il nostro immobile esiste la planimetria catastale del 1939/40 (la richiesta si può fare anche via email): in quegli anni venne rinnovato ed istituito il Nuovo Catasto Edilizio urbano (si chiama "nuovo" da allora...ndr), e la presenza della planimetria vale come la licenza edilizia, anzi è pure meglio. Se non si riesce ad ottenere il catastale del '39 allora si può provare ad andare in Conservatoria Comunale, dove sono archiviati i progetti edilizi dal 1870 fino al 1935 circa (dal 35 in poi dovrebbero trovarsi all'archivio progetti del dipartimento citato prima), ma è un po un terno al lotto perchè difficilmente un fabbricato al centro di roma ha attraversato un secolo di storia senza subire modifiche. Se comunque anche questa seconda via non dovesse dare risultati, al municipio primo (che è quello in cui per la maggior parte dei casi si crea il problema) accettano anche delle fotografie d'epoca o degli aerofotopiani estratti dall'archivio dell'aviazione, su cui dovrete voi dichiarare la veridicità. Se anche quest'ultimo passo non dovesse dare risultati c'è l'ultima spiaggia: dichiarare voi stessi che il fabbricato è legittimo. Dato che se i primi tre tentativi sono andati a vuoto è praticamente impossibile essere certi della legittimità del fabbricato, di fatto si tratta di una dichiarazione "al buio" che potrebbe portarvi conseguenze pesantissime in caso in cui in seguito si dovesse dimostrare il contrario. Se l'immobile ha subito un condono edilizio, invece, lo stesso condono fa da "autorizzazione" e non avrete bisogno di andare a cercare null'altro nel passato. Di ognuno di questi documenti citati conviene sempre, anche se non richiesto, allegare copia alla vostra pratica edilizia: in questo modo rimane negli atti.
Ricordate che ogni municipio impone che al momento della presentazione della pratica edilizia venga allegato sia il nominativo dell'imrpesa esecutrice, sia il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva): fatelo ben presente fin da subito al committente ed indirizzatelo a scegliere un impresa che sia in regola con questo documento, perchè ottenere questo DURC è cosa lunga e laboriosa e non viene rilasciato se l'impresa non è immacolata con i versamenti contributivi, e si potrebbero creare disguidi e ritardi davvero noiosi.
Ci sarebbero molte altre sfumature da approfondire e molti altri dubbi che verranno al tecnico neofita andando a leggere la relazione tecnica da compilare in una CILA, ma vi lascio un po di sana esplorazione.
Segnalatemi refusi, inesattezze, concetti non chiari ma soprattutto commentate se di qualcuno degli argomenti da me trattati conoscete una versione diversa: la burocrazia è viscida come una biscia di campagna e complessa come le equazioni della meccanica quantistica ed è impossibile comprenderla tutta.

760 commenti:

  1. Spett.le arch. Campagna, trovo l'articolo molto utile e interessante (sebbene scritto all'una di notte). Mi chiedevo a questo punto (anche se qui non tratta dell'argomento) quale fosse la differenza (anche di contenuti) tra la CILA e la SCIA.

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    1. la differenza tra CILA e SCIA si ottiene per "differenza", ovvero va sotto "SCIA", secondo la legge, tutto ciò che non è nè CILA nè DIA. Dopo questa lungimirante definizione ci si potrebbe aspettare qualunque cosa, ed è per questo che i comuni, tra cui Roma Capitale, si sono affrettati a definire cosa accettare in SCIA e cosa negli altri atti amministrativi. Per una più ampia casistica rimando sempre alla lettura della circolare esplicativa che linko all'inizio di questo stesso post, comunque in SCIA vanno tutte quelle opere edili che hanno un incidenza urbanistica superiore alla CILA ma che non sono soggette al pagamento degli oneri concessori (quindi p.e. modifiche di prospetti esterni, oppure il caso specifico di manutenzioni "piccole" ma su immobili vincolati per cui la legge prescrive comunque il rilascio di un titolo abilitativo). Vengono inoltre presentate attraverso SCIA, per esempio, le sanatorie di opere di restauro conservativo. Se volessimo andare a cercare una vera e propria differenza, potremmo dire che la SCIA prevede il rilascio di un titolo abilitativo per opere che lo richiedono (sebbene il silenzio-assenso sia "istantaneo": ovvero si possono cominciare i lavori anche il giorno dopo aver presentato l'istanza), mentre la CILA non prevede il rilascio di un titolo abilitativo in quanto concerne opere di edilizia libera.

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    2. Concordo sul rilascio del titolo abilitativo per la SCIA e non per la CILA, ma nella sostanza credo cambi poco, in quanto i lavori possono comunque iniziare immediatamente (se non sbaglio), e in entrambi i casi la PA ha il potere di interromperli comunque, in caso di irregolarità (anche dopo aver rilasciato il titolo abilitativo, in caso di SCIA). Tanto valeva avere una CIL (comunicazione semplice) e una SCIA (comunicazione asseverata) per non creare confusione.

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    3. prima c'era solo la DIA con cui si faceva tutto, ora l'introduzione di queste nuove procedure ha creato molta confusione, alla faccia della semplificazione che avrebbe ispirato questi recenti cambiamenti. Luca dice giusto: entrambe le procedure citate consentono di iniziare i lavori il giorno dopo la protocollazione, ma rimane una sfumatura di fondo, ovvero appunto il rilascio del titolo abilitativo che è insito nella SCIA, mentre la CILA è, di fatto, attività edilizia libera. Libera comunque fino ad un certo punto, perchè si è comunque soggetti alle varie normative che abbiamo visto e all'asseverazione di un tecnico. Secondo me sarebbe ragionevole riportare il tutto in un unica procedura, più o meno come era prima la DIA. Sulla SCIA cade sempre la spada di damocle dell'interrompibilità da parte della P.A. nei 30gg successivi, ma sulla CILA sinceramente non sono certo che vi sia, appunto per il fatto di non essere un rilascio di titolo abilitativo. Difatti se per la SCIA è comunque conveniente attendere i 30 giorni dalla protocollazione prima di dare il via ai lavori, nel caso della CILA è del tutto inutile. Comunque si faccia caso che nella CILA le responsabilità sono tutte del tecnico compilatore, qualunque cosa venga fuori. Comunque si, le due procedure sono davvero simili, tant'è che se si vanno a vedere i moduli per CILA e SCIA di Roma Capitale si noterà che differiscono davvero di pochi elementi.

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    4. Tutto vero. Mi sento comunque di aggiungere (correggetemi se sbaglio) che l'assenso esplicito (o tacito in caso di silenzio-assenso) non tutela il progettista/committente da eventuali sviste o errori di valutazione della P.A., che in ogni caso ha sempre la possibilità di interrompere i lavori, anche se un eventuale irregolarità negli atti viene scoperta dopo il termine dei 30gg. In quel caso, al più, il progettista/committente può avere un elemento su cui far leva in tribunale per un riconoscimento del danno, ma non potrà mai acquisire un diritto da una "disattenzione" della P.A. Morale della favola: ennesima occasione persa per semplificare.

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    5. si Luca è così: il rilascio del titolo (sia esso esplicitamente rilasciato, sia rilasciato attraverso il silenzio dell'amministrazione) non è garanzia del fatto che il progetto rispetti alla lettera ogni anfratto normativo, nè quindi è garanzia assoluta contro le sviste dell'amministrazione. Nel caso in cui si scoprisse che un progetto approvato non risponde alla normativa di settore il titolo può comunque essere revocato (o comunque l'amministrazione, a questo punto, deve dare chiare indicazioni di cosa è stato violato e come riparare, se si può riparare), ma bisogna ricorrere alla Regione. La Regione territorialmente competente ha comunque 10 anni di tempo per revocare le autorizzazioni edilizie, anche se l'immobile fosse stato già completato, collaudato e dotato di agibilità.

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  2. il problema mi è purtroppo noto, e per me è un chiarissimo segno del fatto che nella pubblica amministrazione si applicano le leggi (cieche) in modo cieco. In realtà sarebbe comunque sciocco chiedere il durc anche per opere realizzate pochi mesi fa perchè l'impresa nel frattempo potrebbe non esistere più o potrebbe non essere più in regola con il versamento dei contributi come lo era allora. Con un amico/collega con cui ci siamo interpellati sull'argomento stiamo cercando di capire cosa fare, ma temo che dovremmo aspettare che il problema dilaghi: solo allora infatti l'amministrazione usa muoversi per rimuovere le incongruenze. Il principio di fondo di questo obbligo, comunque, sarebbe il fatto che in ogni caso il committente, ancorchè di opere abusive, deve comuqnue chiedere l'esibizione del DURC all'impresa esecutrice, ma qui si pone un altro problema: il durc è obbligatorio dal 2008 (non dal 2010) e cosa fare per opere realizzate ante 2008, come dici tu? Oppure, che durc vorrebbero? quello di oggi (che non avrebbe senso) o quello dell'epoca in cui furono fatti i lavori? il problema è che la legge non obbliga a tenere copia dei durc scaduti (perchè non hanno più alcun valore), quindi è chiaro che finiamo in un pozzo senza fondo...

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  3. aggiungo notizie freschissime: se i lavori sono stati realizzati tra il 2006 ed oggi, bisogna procurarsi comunque un durc, visto che sembra sia possibile richiedere alla cassa edile un certificato storico per la data specifica. Per opere ante 2006 si accontentano di un atto notorio generico, in cui dichiara la data di esecuzione dei lavori (ovviamente ante 2006). Il 2006 è la data di entrata in vigore della legge sul durc, non il 2008, scusami. Le "voci" che ti riporto vengono da un tecnico di un municipio vicino al centro storico.

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  4. sicuramente lo dovranno modificare, ma nel frattempo si può comunque fare leva sulle procedure che ti dicevo sopra. Comunque sappiamo tutti come andrà a finire: tutti dichiareranno lavori fatti prima del 2006, anche se così non è, salvo chi proprio non potrà (p.es chi ha presentato una pratica sul suo immobile dopo il 2006 e successivamente ha fatto lavori abusivi).

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  5. salve,
    per poter sanare un intervento eseguito senza titolo (si sarebbe trattato di una DIA, nel 2007, per una diversa distribuzione interna), il tecnico del municipio con cui ho parlato mi ha detto di fare L'ACCERTAMENTO DI CONFORMITA', art.37 del D.P.R., pagando oltre 2.000 euro perchè l'appartamento ricade in città storica...vista la cifra spaventosa...mi chiedo se vi è mai capitato una situazione del genere...ma non si potrebbe fare una C.I.L.A. in sanatoria (art. 6 comma 7) e pagare 258 euro???
    grazie per l'attenzione

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    1. salve annina, scusa il ritardo nella risposta ma sono rientrato giusto ora da delle brevi ferie. Se le opere originarie ricadono tra quelle oggi autorizzabili in CILA, si può fare una CILA a sanatoria che comporta il pagamento di 516 euro al momento del deposito della pratica, ma, per via della legge regionale di agosto del 2008 (mi pare la n°15) si applicano anche ulteriori sanzioni, meglio chiarite nella delibera 44 del 2011 in cui al punto 4 è effettivamente specificato che opere di "manutenzione straordinaria" in zona territoriale "A" (centro storico) sono soggette ad una ulteriore sanzione di 2.000 euro. Non tutti i municipi tuttavia applicano questa delibera, ma il primo certamente si, purtropppo.

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    2. grazie marco, gentilissimo ed esauriente come sempre nelle risposte, ora cercherò di studiare bene la delibera che mi citi...il municipio in questione è il XVI, e comunque l'applicare o no questa delibera a discrezione del municipio di appartenenza mi sembra molto discriminante! magari ti aggiorno in merito (se ti interessa!). grazie ancora

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    3. ieri ho pubblicato un post specifico sulle sanatorie http://architetticampagna.blogspot.it/2012/07/sanare-gli-abusi-edilizi-roma.html prova a dargli un occhiata se vuoi. In teoria la legge è legge per tutta Roma, non è a discrezione del municipio applicarla: ma effettivamente alcuni municipi potrebbero non essersi ancora attrezzati per le reversali specifiche (sarebbero comunque fuori legge, perché il dipartimento ha dato istruzioni in merito), oppure i tecnici potrebbero non essere ancora tutti perfettamente a conoscenza della cosa...cmq aggiornami sempre su qualunque informazione: vorrei cercare di fare di questo blog anche un punto d'incontro di diversi tecnici. grazie :-)

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  6. Salve collega, ti ringrazio per l'utilissimo apporto relativo al calcolo degli oneri.
    Volevo chederti in zona A di PRG ho due appartamenti confinanti
    "fratello e sorella" uno dei due vuole cedere una stanza all'altro ho verificato e in IX mi accettano la pratica ma secondo te quale procedura devo seguire SCIA o la vecchia DIA in passato 2005 già avevo fatto con DIA una cosa del genere ma ora credo di poter usare la SCIA perché il procedimento se non sbaglio RE1 ( intervento di ristrutturazione edilizia senza aumento di SUL e del VC e delle unità immobiliari) Grazie Adolfo Bardoni Architetto

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    1. ciao Adolfo: la cessione di vani tra unità immobiliari confinanti la fai senza ombra di dubbio in SCIA, perché è equiparata al "risanamento conservativo" e quindi, come da circolare esplicativa del dipartimento, va appunto in SCIA. i proprietari dovranno fare un atto notarile per la cessione del vano.

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  7. Buongiorno arch. Campagna,

    ho trovato il suo articolo molto interessante ed utile. In particolare rispetto all'elaborazione di un progetto di ristrutturazione di un appartamento per cui c'è da presentare una Cila avrei una domanda da porle. Prendendo atto delle regole tecniche di SU di ogni stanza (14 metri per la stanza da letto, 9 mt per la seconda stanza da letto, bagno senza obbligo di dotarlo di finestra, salotto ecc cucina ecc ...) è possibile fare una seconda stanza dotata di finestra inferiore ai 9 mq destinata ad uso studio' oppure è possibile ovviare questa regola in altro modo? ipotizzando un altro uso o elaborando il progetto in maniera che in sede di presentazione della Cila non vi siano problemi?. Inoltre avrei un altro quesito rispetto alla compilazione della Cila: se vi sono più ditte che eseguiranno i lavori: edile, idraulica ed elettrica vanno iscritte tutte nella CILA o basta metterne una? Se così fosse tutte devono avere il Durc? Se si tratta di una ditta individuale (senza dipendenti) quindi nn hanno la possibilità di richiedere il Durc può essere inserita nella CILA richiedendo una certificazione sostitutiva? Oppure se la ditta in questione ha fatto richiesta del Durc accettano anche la richiesta o eventualmente un'autocertificazione? L'appartamento si trova a Roma, in particolare nella XVI circoscrizione. La ringrazio in anticipo per la sua disponibilità e pazienza. Un caro Saluto. Silvia77

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    1. ciao Silvia, diamoci del tu visto che siamo colleghi :-) come ho scritto nel post, non è possibile realizzare ambienti con finestra di superficie inferiore ai 9mq a meno che non siano dei bagni o delle cucine (che hanno il vincolo dei metri cubi ma non dei metri quadri): altre destinazioni quali studio, studiolo, sala lettura o altro non sono accettate in nessun caso. In casi estremi si dovrà evitare di realizzare la porta che chiude l'ambiente dal corridoio unificandolo quindi all'ambiente di distribuzione, perchè entrando a far parte del corridoio, non vi è vincolo alcuno sulla superficie minima nè sulla presenza di finestre. ovviamente se poi il cliente vorrà realizzare comunque quella porta dovrà farlo soltanto dopo che tu hai chiuso la pratica e "a suo rischio e pericolo". Nella cila va indicata sempre e soltanto una sola impresa: se ci sono più imprese, dovrà indicarsi l'imprsa "capofila" che subappalterà alle altre. ricorda che in caso di compresenza di più imprese entri negli obblighi dell'81/08, quindi nomina del coordinatore della sicurezza e invio della notifica preliminare. Il durc viene rilasciato anche per le imprese individuali: anzi la procedura per questi è molto più veloce. Serve sempre il durc rilasciato: la domanda del rilascio non vale nulla. Al sedicesimo ci sono bravi tecnici :-) fammi sapere. ciao.

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  8. Salve architetto, ottima l’idea di affrontare in maniera esplicativa e divulgativa un argomento così intricato e renderlo alla portata dei più, e soprattutto complimenti per esserci riuscito! Mi rimangono alcuni quesiti e un argomento piuttosto ostico. Cominciamo con il primo: il PRG!
    La relazione tecnica richiede di individuare l’immobile nel PRG tramite Sistema Insediativo e Tessuto. Come si reperiscono tali informazioni? E’ necessaria una visura o è sufficiente consultare le mappe (nel caso specifico siamo nel IX municipio, http://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/cartografia_prg.pdf). Poichè si tratta di lavori interni a un appartamento, si pone il problema di eventuali vincoli (archeologici, paesaggistici, suolo, ecc.)? Se sì, come si verificano? Infine, come si determina l’inserimento nella Carta per la Qualità?
    Passiamo ora alle domande facili: per gli elaborati grafici sono necessari software specifici di tipo professionale o esistono programmi accessibili a tutti? Dalla descrizione sembra che anche un semplice Power Point sia sufficiente.
    L’incarico verrà dato a un’unica impresa, che si farà carico degli oneri di sicurezza e darà in subappalto alcuni elementi (es. Impianto elettrico, idraulica). In tal caso come si configura la situazione rispetto all’81/08?
    Grazie in anticipo per l’interesse e la pazienza. Un saluto. Paolo

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    1. ciao Paolo, mi fai felice se mi dici che sono riuscito a rendere comprensibile concetti intricati: era il mio obiettivo :-)
      per quanto riguarda i tuoi quesiti:
      la visura di prg la puoi fare direttamente tu, da questa pagina di roma capitale: http://www.urbanistica.comune.roma.it/uo-urbanistica-prg.html dove trovi tutte le tavole. non c'è bisogno di visure ufficiali di prg: quelle servono per le destinazioni urbanistiche se devi costruire o ristrutturare pesantemente. Verifica sempre prima di tutto se il tuo tessuto è rappresentato nelle tavole in scala 1:5.000 (qui sono rappresentati tutti i tessuti storici, anche quelli esterni al centro vero e proprio): se non è campito in queste tavole, allora lo troverai nelle tavole 1:10.000.
      Nei lavori interni è davvero difficile che ci siano vincoli di tipo archeologico: dovrebbe essere vincolato l'intero fabbricato per particolari pregi architettonici (p.e. se ci sono affreschi interni od altro). Per verificarlo ti devi recare fisicamente a via di San Michele (porta portese) dove c'è la sovrintendenza di Roma, salire al 2°piano, entrare nel corridoio e bussare alla terza o quarta porta sulla sinistra: lì troverai un simpatico e canuto signore che ti tirerà fuori i tavoloni su cui gli amanuensi comunali riportano gli immobili vincolati. Se ti stupisci che non ci sia una procedura on-line per la verifica del vincolo, o che non ci sia nemmeno uno straccio di elenco di immobili vincolati in rete, ti comunico che non sei da solo nello stupore :-) La carta della qualità si riferisce sempre e solo ad interventi esterni, e va consultata solo in quel caso.
      Gli elaborati grafici possono essere fatti anche a mano, non ci sono specifiche software: devono solo rispettare lo "standard" delle cose che descrivo nel post. Io uso un clone di autocad per i miei disegni.
      Se l'impresa subappalterà anche solo poche opere, di fatto si rientra negli obblighi dell'81/08, e quindi si dovrebbe nominare il coordinatore della sicurezza e tutte le pesantezze burocratiche che ciò comporta. Io molto spesso evito di dover sottostare a questa norma vessatoria (per il cliente) e rognosa (per i tecnici) se le opere in subappalto sono davvero circoscritte (tipo appunto gli impianti).
      se hai altri dubbi, siamo qui :-)

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    2. Gli adempimenti per la sicurezza una rogna galattica, ma purtroppo sono obbligatori per poter usufruire delle detrazioni fiscali. A tal proposito la norma dice che si possono perdere le detrazioni se "sono state violate le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e quelle relative agli obblighi contributivi. Per queste violazioni il contribuente non decade dal diritto all’agevolazione se è in possesso della dichiarazione di osservanza delle suddette disposizioni resa dalla ditta esecutrice dei lavori (ai sensi del Dpr 28 dicembre 2000, n. 445)". Che fare senza mettere (ulteriormente) mano al portafogli già estremamente provato da acquisto e lavori?

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    3. che posso dirti? per dormire sonni tranquilli bisognerebbe mettere mano al portafoglio come dici tu...una cosa è certa: che l'81/08 applicato alle piccole ristrutturazioni degli appartamenti altro non è che un gran cumulo di fotocopie e di timbri, e se c'è o non c'è non cambia davvero nulla per quanto riguarda la sicurezza degli operai (non sarà certo il coordinatore a riuscire a convincere gli operai ad indossare il casco mentre impastano l'intonaco o tirano il massetto...). Lo ribadisco e non smetterò di farlo: l'81/08 è una legge studiata per i grandi cantieri edili, ed applicare le stesse norme dei grossi appalti ai piccoli cantieri di ristrutturazione equivale a cacciare le mosche col bazooka: è una legge ingombrante, stupida, cieca. Dovevano inserire forme di semplificazione per cantieri piccoli, così è totalmente inservibile ed inutile.

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  9. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  10. Ciao, comlimenti per il post che è stato il più chiaro che ho trovato in rete durante l mie ricerche. Ti vorrei chiedere un consiglio, perchè mi sto informando per fare dei lavori in casa:

    §* spostamento di un tramezzo con rifacimento degli impianti (idrico, gas, elettrico) per riposizionare la cucina (sempre nella stessa posizione ma leggermente arretrata a sfavore del corridoio)

    * conseguente rifacimento della pavimentazione
    * ripitturare le pareti

    Vorrei fare le cose per bene per accedere alle agevolazioni fiscali per ristrutturazioni.

    A quanto ho capito serve una CILA.

    La mia domanda è, sono un ingegnere iscritto all'ordine, quindi posso firmare progetti e vorrei farlo senza rivolgermi ad altri per risparmiare qualcosina visto che sono tempi cupi.
    A questo punto sarei sia committente, sia tecnico, sia direttore dei lavori.
    Fatto sta che sul modulo della CILA il tecnico dichiara "di non aver rapporti di dipendenza con l’impresa né con il committente".

    Quindi mi chiedo, posso firmare la mia CILA o no?

    Grazie infinite

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    1. Non mi risulta ci siano conflitti di interessi nell'essere progettista e direttore lavori delle opere della propria abitazione, ma fai bene a porti il quesito perché, posto nei termini della frase che trovi nel modulo CILA effettivamente la questione potrebbe sollevarsi. Comunque considera che "tecnicamente" il committente può non essere il proprietario dell'immoile, quindi partendo dal presupposto che secondo me puoi timbrare tutto tu e pace, se proprio volessi saltare a piè pari qualunque problematica di tipo burocratico (il nostro paese è famoso per produrne anche laddove non esistono) potresti sempre far risultare come intestatario della CILA una qualunque altra persona che abbia un qualche diritto sull'immobile (p.e. un tuo congiunto che vive con te, come una moglie o un figlio, o un qualunque cointestatario del bene). COmunque, ti ripeto, per quanto ne so non c'è conflitto d'interesse.

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  11. Blog interessantissimo ed utilissimo!
    Vorrei porre una questione riguardante la CILA e il vincolo Paesaggistico.

    Si tratta di un intervento di applicazione di un "cappotto" esterno sul solaio soprastante un'area porticata.

    L'immobile ricade nella fascia di rispetto di un fosso. (art. 35 PTPR)
    E' necessario richiedere il Nulla Osta alla Regione? L'applicazione del cappotto sul solaio del porticato è considerato come un intervento che modifica l'aspetto esteriore dell'edificio?

    Siccome questo è uno dei primi lavori che curerò interamente da solo, ho molti dubbi dovuti sicuramente anche alla mia inesperienza.

    Ringrazio anticipatamente per la disponibilità,
    Daniele

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    1. Mi è capitato di recente di fare una DIA per applicare dei brise-soleil in facciata su un immobile ricadente in area di vincolo di rispetto di un fosso: quel vincolo si applica solo sulle nuove cubature, quindi su tutto ciò che è modifica dell'esistente senza alterazione di volumi non ha potere di vincolo. Specificalo comunque nella pratica edilizia :-) per la visura del vincolo hai usato il sito ufficiale della Regione? se si, da lì ci sono i link alle leggi regionali e realtivi dettagli.

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  12. Salve Architetto,
    intanto la ringrazio per l'esaustività del suo blog, così anche chi è profano come me può avere un'idea più chiara sull'iter da seguire in questi casi.
    La domanda che vorrei porle è però questa: dato che per ottenere un DURC ci vogliono almeno 30 giorni, è possibile inviare la CILA con la richiesta del DURC (per iniziare i lavori subito), salvo poi presentarlo una volta ottenuto?
    Ovviamente con le posizioni INPS ed INAIL regolari, si tratta solo di un problema di tempo.

    Grazie.

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    1. Ciao Capitano: giri il coltello in una piaga. il DURC purtroppo deve essere allegato alla pratica al momento della protocollazione, soprattutto in caso di CILA o SCIA dove i lavori possono iniziare anche il giorno dopo. Purtroppo non accettano nessuna richiesta di DURC, deve essere il documento definitivo. COmunque il vero scandalo secondo me non è il fatto che vada necessariamente allegato quello definitivo, ma il fatto che ci vogliano 30 giorni per averlo. Va detto che il governo ha fatto qualche mese fa un decreto in cui stabilisce che sono le pubbliche amministrazioni che devono acquisire il DURC e non che lo debbano portare i privati: il Comune finora ha fatto orecchie da mercante ma non è escluso che in un futuro (anche vicino) cambino le cose, anche perché il decreto dava 6 mesi per diventare operativo.

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    2. Buongiorno e grazie per la risposta tempestiva.
      In effetti il ddl n. 3194 di conversione in legge del decreto-legge n. 5 del 2012, che ho prontamente trovato grazie alle sue indicazioni risulta essere del 30/03/2012. Devo approfondire presso la circoscrizione l'effettiva entrata in vigore (a livello operativo) dello stesso. In tal caso si potrebbe forse contrarre il tempo di attesa.
      Grazie ancora per la sua disponibilità.

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  13. Gentile arch. Marco Campagna, il post è molto interessante ed è da apprezzare il tempo che dedica a scrivere sul blog e a rispondere ai vari quesiti. Questo mestiere è così cavilloso quanto scoraggiante, soprattutto nel comune di Roma, pare che per fare le cose in regola ti mettano i bastoni fra le ruote...
    ma arrivando al dunque, le domande sono:
    1. Se lo stato di fatto non coincide col progetto originario (anche di poco) bisogna per forza far fare al committente una sanatoria?
    2. in quali casi è davvero necessario fare un atto d'obbligo, pagando tra le altre cose anche un notaio?

    grazie anticipatamente per la disponibilità.

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    1. Ciao Francesca (ti do del tu non perché sono sfacciato ma perché siamo colleghi :-) il tempo che dedico a scrivere su questo blog, tempo che strappo anche al mio lavoro, vuole essere d'aiuto per rendere la burocrazia più accessibile a tutti, fermo restando che io sono il primo a dire che è stupidamente, scioccamente, anti-democraticamente incomprensibile e inutilmente complessa.
      Le risposte alle tue domande:
      1. Si, se lo stato di fatto non coincide con l'ultimo progetto approvato, fosse anche di poco, è necessario fare una sanatoria. Tuttavia, se si devono comunque eseguire dei lavori sull'immobile, è possibile fare una unica pratica per sanare il pregresso ed autorizzare il futuro (quantomeno finora non mi hanno mai fatto storie).
      Detto fra noi, è anche possibile presentare una pratica "in corso d'opera" - sempre ammesso che tu debba fare dei lavori - ed inglobare le opere difformi tra quelle che stai dichiarando che sono in fase realizzativa: ovviamente questo metodo non è ortodosso ma comunque da un punto di vista della responsabilità tu non rischi nulla, ma il risparmio in termini di spesa è modesto rispetto alla procedura "ufficiale", quindi io seguirei comunque quest'ultima.
      2. l'atto d'obbligo serve quando bisogna chiedere l'autorizzazione a fare dei lavori i quali sono autorizzabili solo se, una volta ultimati, l'immobile creato o ampliato debba necessariamente essere annesso a qualche altro immobile, o situazioni del genere. Caso tipico dell'atto d'obbligo è la realizzazione dei parcheggi pertinenziali con la legge Tognoli: i parcheggi sono autorizzabili solo se i futuri immobili verranno annessi a degli appartamenti esistenti mediante procedura catastale, ma finchè i box non sono realizzati non è possibile fare alcun collegamento catastale: nell'atto d'obbligo quindi il committente delle opere si impegnerà, a pena di decadimento del titolo edilizio, ad eseguire il collegamento catastale a fine lavori. Comunque non sono molti i casi in cui è necessario fare un atto d'obbligo, ma la linea concettuale è questa che ti ho descritto. Credo comunque si possa fare di fronte a qualsiasi ufficiale civile o in tribunale, quindi non necessariamente dal notaio.

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  14. ciao collega ti farei volentieri un monumento e vorrei una 'app' tutta tua che mi permettesse di sentirmi più tranquilla nella giungla mal frequentata dei municipi...cmq spesso ci capita come sai la situazione di cui sopra ossia che uno vende e l'altro compra e l'architetto si ritrova nella scomoda posizione di voler fare bene e dover fare male , spessissimo per difformità fra stato di fatto reale e ante operam ...che fare? e soprattutto al di là della questione morale (per me sempre prioritaria) quali rischi ci sono per il progettista che presenta la pratica? i proprietari sono sempre disponibili a pagare eventuali multe e sanatorie ma l'architetto????cosa rischia?sarei felice di avere una tua risposta ciao Arianna

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    1. Ciao Arianna :) il monumento mi sembra troppo ma l'app chissà xD La discussione che proponi è tanto spinosa quanto quotidiana: con il sistema normativo attuale è davvero difficile trovare immobili che non hanno subito neanche una minima modifica, fosse anche l'aver solo spostato una porta da un muro all'altro o aver costruito una piccola spalletta per chiudere un vano anche parzialmente. Diciamo anzitutto che per fare le cose fatte come dovrebbero essere fatte, in questi casi è sempre necessario fare una sanatoria di quanto "abusivamente" realizzato: da un punto di vista della pratica edilizia non cambia praticamente nulla, l'unica differenza è nell'entità delle reversali, che in un caso sono circa 250 euro e nell'altro circa il doppio. Secondo me (e secondo la Regione Lazio) la sovrattassa di ulteriori 1.000 euro non è dovuta in caso di semplici manutenzioni straordinarie abusive: alcuni municipi infatti non la richiedono più (tipo il 9°) altri stanno tardando a recepire questa cosa. Dato che la differenza di prezzo non è gran chè, ti consiglio sempre di "spingere" verso questa soluzione. Cosa si rischia invece volendo accondiscendere alle necessità del cliente che magari non vuole tirare fuori neanche un euro di più? beh di fatto si sta dichiarando il falso in atto pubblico, il che prevede sanzioni di ordine penale. Certamente in un eventuale processo si riceverebbe il minimo della pena, ma ricevere una condanna penale come professionista comporta non solo l'essere esposti a "punizioni" dall'Ordine professionale (solo se il reato riguarda la professione)che possono sfociare in un ritiro del timbro temporaneo o addirittura perpetuo nei casi più gravi (quindi dovresti abbandonare tutte le pratiche in corso che avresti in quanto tecnico) ma anche l'automatica esclusione da ogni concorso pubblico (ma non dal diventare un politico, ovviamente O.o) o incarico tecnico dalla pubblica amministrazione. Questo secondo me sarebbe il vero danno. Io cerco sempre di evitare di trovarmi in situazioni simili semplicemente facendo capire che o si fa come dico io, o vanno da un altro, facendo leva sul fatto che in fondo la differenza economica non è gran chè. Comunque dipende sempre dalle situazioni generali: se le difformità sono davvero minime e comunque i clienti devono fare dei lavori edili per cui ti hanno chiamato a fare la pratica, puoi sempre far iniziare i lavori "senza titolo" (in caso di controlli le responsabilità sarebbero tutte del committente perché tu non hai firmato nulla) e subito far rimuovere le difformità, e quindi depositare una pratica in sanatoria per opere in corso d'opera. la sanzione ulteriore in questo caso è ancora più contenuta (86 euro in più rispetto ai 250) e tu in quanto tecnico non rischi nulla perché la legge consente esplicitamente la procedura. Il terzo municipio ha un modo tutto suo di interpretare la sanzione della cila in corso d'opera ed applica 250+250+86 euro in modo secondo me del tutto sbagliato: tutti gli altri municipi in cui l'ho fatta mi hanno chiesto solo gli 86 euro in più. Ti accorgerai comunque che il problema maggiore è trovare un impresa in regola col DURC, che serve in ogni caso, anche in caso di sanatoria di opere pregresse.

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  15. grazie grazie grazie mi hai consigliato una strada che non ho mai considerato !!purtroppo sono proprio al terzo municipio che come ben saprai è il peggiore per molti motivi .....in realtà per uno solo ........Per il durc invece non avrò problemi perchè le imprese con cui lavoro sono sempre con durc pronto e in regola
    Già che ci sono ti faccio un ultima domanda :per aprire una seconda porta sul pianerottolo ma senza voler frazionare solo per accedere ad una stanza che potrebbe diventare studio in modo indipendente,io farei una scia tu che ne pensi? nel palazzo altri due cndomini hanno già fatto lo stesso ,cosa che mi facilita però essendo sempre il terzo municipio non sono sicura di nulla !!
    Beh dopo averti tediato con i miei problemi riprendo il faticoso slalom fra ostacoli burocratici, committenti pretenziosi,tecnici reticenti e recidivi ma con molta più tranquillità grazie alla tua preziosa collaborazione ,a buon rendere Arianna

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    1. :-) se sei al terzo allora presta particolare attenzione anche ad eventuali affacci in chiostrina: sono particolarmente attenti a questo aspetto. L'apertura di una porta su un pianerottolo, senza frazionamento, la fai senza ombra di dubbio in CILA: è una manutenzione straordinaria, infatti, senza modifica di prospetti esterni (a meno che la scala non sia appunto esterna o a ballatoio, dove l'apertura di una nuova porta sarebbe variazione di prospetto). Al municipio non possono chiederti l'avallo del condominio (i titoli si rilasciano sempre "fatti salvi i diritti di terzi" ossia: io ti rilascio il titolo ma poi se tu non hai chiesto l'ok dal condominio sono affari tuoi) ma dato che anche altri hanno già fatto lo stesso, allora automaticamente non possono negarti l'autorizzazione.
      Comunque secondo me il terzo non è il peggiore, anzi...ed alla fine un po tutti i municipi hanno lati buoni e lati oscuri ;-) facci sapere come proseguirà la vicenda!

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    2. bene bene e CILA sia evviva!!grazie marco veramente grazie ;-)

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  16. Buonasera Architetto,
    sono in procinto di iniziare i lavori di ristrutturazione di un appartamento a Roma nel I municipio. Dovrò eliminare un tramezzo, spostare la cucina nel soggiorno, realizzare 2 bagni nell'ex cucina, mentre nell'ex bagno dotato di una finestra minuscola verrà realizzata una cabina armadio con ingresso diretto dalla camera da letto. Questa allo stato attuale è di circa 5,5mq pertanto mi sembra di capire che sia oltre la misura massima ammessa dal regolamento edilizio. Volendo non prevedere la porta e lasciando un taglio della parete aperto sulla camera da letto si potrebbe ovviare al problema? o secondo lei bisogna necessariamente demolire il tramezzo e ridurre i mq? Nel progetto è previsto anche un altro ripostiglio di mq 3 senza finestra, possono creare problemi 2 ripostigli?
    Mi sembra di capire dal regolamento che è sufficiente una CILA
    Saluti

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    1. Salve Luca, il ripostiglio può rimanere di 5,5mq ma come ha già capito è bene che non abbia la porta, risultando quindi un volume aperto sulla camera principale. La presenza di più di un ripostiglio non comporta nessun problema. Basta la CILA se l'immobile non è vincolato e se per fare i lavori non si toccano muri che possono essere in qualche modo portanti (soprattutto se si è nei tessuti medievali in cui la tipologia strutturale non è sempre ben definita).

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    2. Buongiorno Architetto, la ringrazio della pronta e utile risposta. Come faranno i tecnici del Comune a capire che si tratta di un volume aperto sulla camera principale e che non ci sia la porta, visto che le porte non vengono indicate nelle planimetrie?
      Volendo riaprire una porta che attraversa un muro portante murata molti anni fa (sulla planimetria del 1939 è indicato una "nicchia" sul muro portante) sarà sufficiente la CILA?

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    3. Le planimetrie dovrebbero sempre rappresentare anche le porte, anche in modo veramente stilizzato. Le planimetrie senza porte si disegnavano fino a parecchi decenni fa, comunque oggi ai municipi non accettano più (o quantomeno non dovrebbero farlo) disegni troppo "essenziali". Riaprire una nicchia murata ricade in CILA se e soltanto se la nicchia nel muro portante è stata tamponata con un muro tramezzo successivamente all'elevazione del muro portante: quindi generalmente si. Ma è sempre bene far valutare la cosa da un tecnico, giusto per scrupolo.

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    4. Buongiorno Architetto,
      ma il DURC va allegato in originale? o è sufficiente una copia?

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    5. Ciao, il DURC DEVE essere consegnato in copia, perché l'originale è uno solo ed è di proprietà del titolare.

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    1. non è necessario avere la concessione in sanatoria per chiedere un nuovo titolo abilitativo per modifiche interne: ovviamente si dovrà allegare alla SCIA la copia integrale della documentazione dell'UCE. Il municipio vorrà, in questo caso, anche un atto notorio del committente il quale si impegnerà a non rivalersi verso il comune nel caso in cui la sanatoria venisse rifiutata (cosa che potrebbe quindi invalidare le autorizzazioni ricevute con la SCIA).

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    2. La ringrazio moltissimo della risposta.
      Il mio dubbio è che tale scale collega proprio il manufatto condonato.
      Vorrei sapere nel caso remoto la richiesta fosse respinta andrebbe ripristinato lo stato dei luoghi? (quindi rimozione dell'eventuale scala). E in tale caso il progettista cosa "rischia"?
      Grazie

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    3. Se la sanatoria venisse rigettata andrebbero rimosse tutte le opere eventualmente autorizzate correlate all'ambiente da ripristinare allo stato pre-operam. Detto ciò, dopo un eventuale rigetto bisognerebbe analizzare la situazione, ripartendo da cosa era effettivamente lo spazio oggetto di abuso: una scala in teoria può collegare anche un appartamento con un terrazzo esterno o ancora con una cantina od una soffitta (se questa era la destinazione originaria dello spazio oggetto di abuso), quindi non necessariamente dovrà essre demolita. Il tecnico non rischia nulla perché la procedura autorizzativa viene fatta alla luce del sole ed è espressamente prevista come iter amministrativo legittimo.

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  18. Gentilissimo Marco ,eccomi di nuovo, mi si pesenta la situazione ingarbugliata di un appartamento in cui sono stati fatti dei lavori con Dia 7 o 8 anni fa e per i quali il collega non ha mai presentato chisura ahi ahi !!! Quindi loro ora devono vendere e si trovano nella assurda situazione di dover pagare una sanatoria di 2500 euro (III municipio ....) per colpa di un architetto fetente tu che faresti?al II municipio mi dissero una volta che se facevo passare i tre anni la scia (quello era il mio caso) sarebbe stata annullata e avrei dovuto ripresntare tutto ...Non posso fare così ?come se nulla fosse presentare una cila al massimo come lavori in corso d'opera che so...Attndo fiduciosa tuo consiglio ciao Arianna

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    1. Ciao Arianna :-) purtroppo ti confermo che se una DIA non è stata chiusa, è come se non fosse mai stata presentata e le opere realizzate pur legittimamente, diventano automaticamente abusive. è una situazione che è capitata più volte anche a me, in particolare al primo municipio: soluzione? scia a sanatoria e 2500 euro di sanzione. Va detto che a volte - ma varia veramente in base all'interpretazione personalissima e fantasiosa dei tecnici municipali - hanno accettato un fine lavori anche anni dopo lo "scadere" della pratica: secondo me se pure l'accettassero rimarrebbe una procedura illegittima, ma chi se ne accorgerebbe nei secoli a venire? prova ad andare a parlamentare con il tecnico municipale ed a parlargli in camera caritatis spiegandogli tutto, e vediamo che succede. fammi sapere!

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    2. grazie caro marco ma ahimè il tecnico ha già chiesto i 2500 euro io però ho sperato di poter aggirare l'ostacolo e dire che se anche allora era una dia e visto che è decaduta perchè non posso presentare una cila in sanatoria pagando molto meno???:(((( A volte esagero a preoccuparmi, i miei commitenti diventano un po' parenti mi preoccupo più deo loro interessi che dei miei!!!!Grazie Marco sei l'architetto che fa la differenza

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  19. salve collega. volevo
    a) farti i complimenti (assolutamente non di circostanza);
    b) ringraziarti;
    c) chiederti aiuto.
    in merito al punto c volevo chiederti: quando dici <> ti riferisci al rilascio di concessione in sanatoria o è sufficiente che sia stata presentata domanda (piccolo ampliamento di 1,5 mq in appartamento di 120 mq con condono '85)? ed infine, se fosse sufficiente la domanda, mi potresti indicare degli estremi normativi da citare in sede di asseverazione. grazie per l'attenzione. simona

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    1. Ciao, grazie per i punti a) e b) :-) per il punto c), nel post non ho specificato che il condono fa da autorizzazione edilizia se in qualche modo riguarda l'intero immobile (p.e. un cambio d'uso di tutta la superficie, un frazionamento abusivo), ma se invece si tratta di un ampliamento dovrai comunque andarti a citare anche la legittimità urbanistica del resto dell'appartamento, perché - sembra stano ma è così - in questo caso viene rilasciata l'autorizzazione per il solo pezzetto ampliato senza andare a verificare se il resto è legittimo oppure no: quindi tu, in quanto tecnico, dovrai andarlo ad asseverare nella sua interezza.
      Comunque non è sufficiente la domanda di condono, deve esserci la concessione: tuttavia a volte se gli porti la documentazione di condono non ci fanno caso se non gli citi anche i precedenti documenti. Se hai una domanda in attesa di concessione, dovrai anche depositare un atto notorio in cui il committente delle opere dichiara che non si rivarrà in alcun modo sul comune nel caso in cui rifiutassero la sanatoria. Di questo punto ne abbiamo parlato un po in una delle ultime risposte alla chat sul mio post degli abusi edilizi :-)

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  20. ops....intendevo quando dici Se l'immobile ha subito un condono edilizio, invece, lo stesso condono fa da "autorizzazione" e non avrete bisogno di andare a cercare null'altro nel passato.

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  21. Buonasera Architetto, grazie infinite per le sue preziosissime
    informazioni. Dovrei effettuare dei lavori di ristrutturazione in un appartamento del I municipio, dovrei quindi presentare una CILA e vorrei chiederle se sto procedendo nella giusta direzione. Per quando riguarda la preesistenza urbanistica ho la planimetria del 1939 e lo stato ante operam dovrebbe essere conforme ad una concessione in sanatoria (la cui domanda devo ancora visionarla presso l'ufficio condono). Qualora scoprissi che la palanimetria allegata alla domanda corrisponda con lo stato attuale non avrei alcun problema ma se scoprissi che si discossa un pochino come sarebbe più opportuno procedere?
    facendo un CILA in corso d'opera (ovvero iniziando i lavori e poi protoccolando la CILA) ed eliminando ciò che lo rende l'immobile difforme al titolo?

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    1. Ciao Annina,
      se fosse difforme, puoi procedere come dici. Considera che la procedura "ufficiale" vorrebbe che prima si facesse una pratica "a se stante" per la sola sanatoria e quindi, successivamente o contestualmente, presentare la domanda per quelli da fare. Se la pratica di condono non è ancora sfociata in una concessione, dovrai allegare alla CILA un attono notorio del committente di rinuncia al plusvalore in caso di rigetto della domanda di condono. :-)

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  22. Grazie per la risposta tempestiva, comunque la concessione è stata rilasciata, soltanto che il committente non ha una copia della pratica, per cui io non so cosa sia stato effettivamente condonato.
    Ma quando parli di pratica a se stante per la sanatoria intendi una cila di lavori già eseguiti?
    comunque la differenza tra la strada ufficale e quella diciamo ufficiosa riguarda solo gli oneri da versare giusto?
    il mio cliente ha fretta di inizia i lavori, in realtà potrebbe iniziarli e durante gli stessi presentare la Cila o eventualmente la cila in sanatoria e in corso d'opera?
    grazie infinite

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    1. Se il cliente ha terribilmente fretta, visto anche il sospetto di modifiche pregresse non autorizzate, fagli cominciare i lavori spiegandogli bene a quali rischi va incontro (se vengono i vigili la sanzione è maggiore di quella per presentazione spontanea di pratica) e spiegandogli bene che tu finchè non visioni tutta la documentazione di cui hai bisogno non puoi neanche dirgli con esattezza se e come può essere impostata la pratica (quindi i lavori li fa a suo rischio e pericolo perché potrebbero non essere autorizzabili). Per pratica a se stante intendo esattamente una pratica per la sola sanatoria di quanto abusivo. comunque se nel frattempo il cliente inizia i lavori è inutile fare questa procedura, e puoi fare direttamente la cila in corso d'opera.

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  23. Ma una volta protocollata la Cila i lavori possono iniziare subito o bisogna aspettare 30 giorni?

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    1. puoi iniziare anche cinque minuti dopo la protocollazione ;-) considera infatti che la CILA è una comunicazione per opere NON soggette ad autorizzazione edilizia.

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  24. Salve a tutti
    Complimenti per questo post....chiarissimo.
    Una domanda: per la C.I.L.A. è obbligatorio comunicare al municipio il fine lavori con l'attestato di avvenuta variazione catastale? e per la C.I.L.?
    Ho letto che non è obbligatorio, basta aggiornare il catasto se abbiamo spostato tramezzi interni o fatto opere che richiedono questo tipo di aggiornamento.

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    1. Ciao, come scrivo nel post la legge non "obbliga" alla presentazione del fine lavori per le CIL o CILA, perché sono "comuncazioni" - benchè non facoltative - di opere di "edilizia libera". detto ciò, considera che l'accatastamento è sempre obbligatorio se modifichiamo la planimetria (è obbligatorio per le norme del catasto, non per quelle urbanistiche), quindi va fatto praticamente sempre a seguito di CILA (mentre per la CIL non è sempre detto). Io comunque faccio sempre i fine lavori delle mie CILA, più per tutelare me in quanto tecnico che non per altro: se il committente dovesse fare in seguito delle opere abusive che vanno a modificare quanto da te progettato e se qualcuno dovesse andare a controllare, senza il fine lavori sarebbe più difficile per te "certificare" che hai asseverato la corretta realizzazione delle stesse. Certo, in parte anche il docfa fa da certificazione in un certo senso, ma se depositi il fine lavori è più probante. Tutti i municipi accettano i fine lavori alle CILA anche se non obbligatori: alcuni municipi, come il X invece lo richiede espressamente (andando quindi contro la legge).

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  25. Salve a tutti,
    vorrei innanzitutto associarmi ai complimenti all'architetto per il blog, che mi ha permesso di chiarire alcuni dubbi.
    Gradirei avere anche un parere sull'efficacia di una soluzione pensata per risolvere un problema di dimensioni minime di una stanza da letto in un lavoro di M.S. che sto seguendo.
    L'appartamento, che si trova nel municipio IX, ha una stanza da letto con una S.U. di 8,30 mq e per riuscire a raggiungere i 9 mq ho pensato di ampliarla creando un ingresso.
    L'idea è quella di eliminare la porta attuale e spostarla nel nuovo ingresso della stanza che dovrebbe essere ricavato rubando spazio al corridoio in modo da raggingere la S.U. di 9mq evitando così di toccare la parete portante nella quale attualmente si trova la porta.
    Vi sembra una soluzione praticabile?
    Grazie per l'aiuto.
    Domenico

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    1. Ciao Domenico,
      il regolamento edilizio parla solo di superficie calpestabile minima (e superficie finestrata minima) e quindi non impone alcun vincolo alla "forma" della stanza, pertanto certamente il sistema da te ideato per arrivare a 9mq è più che legittimo :)

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  26. Salve Architetto, vorrei chiedere una cosa molto semplice ed operativa, sto preparando una CILA per lavori di ristrutturazione di un immobile comportanti demolizione e ricostruzione di tramezzi con lo spostamento di un bagno, nella CILA viene richiesta una sintetica descrizione delle opere, è opportuno secondo lei specificare lo spostamento del bagno oppure è meglio rimanere generici scrivendo demolizioni e ricostruzioni di tramezzature? Grazie

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    1. nelle semplici CILA io uso una frase canonica che va quasi sempre bene: "demolizione e ricostruzione tramezzature interne non portanti al fine di variare l'assetto planimetrico interno dell'immobile. adeguamento impianti". In questo modo sono "coperte" tutte le casistiche possibili, senza dover specificare altro. Non sono contrario ad aggiungere dettagli nella relazione tecnica, solo che quando si ha a che fare con gli uffici tecnici comunali è sempre bene rimanere sul generico, sia per loro che per noi. con la dicitura "adeguamento impianti" ti tuteli in caso di problemi vari (perdite d'acqua durante i lavori, o anche contestazioni da parte dei vicini per installazione caldaie o condizionatori). Se invece le opere che andrai a fare saranno SOLO finalizzate allo spostamento del bagno, allora puoi indicare che andrai soltanto a spostare quello. Ciao!

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  27. Salve Architetto, intanto mi unisco anche io per farle i complimenti per l'ottimo post, il più utile in rete.
    Sono di Roma e dovrò ristrutturare la mia casa (XVIII° municipio) completamente (dalla A alla Z), impianti, infissi, spostare 1 bagno, eliminare e creare nuovi tramezzi (nessun muro portante), creare cabine armadio e 1 camera "studio" (senza finestra). Alcune domande/considerazioni:
    - basta la CILA e non la SCIA? questo è quello che mi sembra di aver capito;
    - la camera "studio" (7,5mq) può esistere e/o come deve essere chiamata in planimetria? palestra? rispostiglio? ovviamente non la chiamerò "studio".
    - le cabine armadio all'interno delle stanze devono avere una superficie max? la più grande è di circa 5,4mq. oppure basta te tolgo la porta dalla planimetria per farla diventare parte della stanza?
    Spero di non annoiarla con le domande che sicuramente avrà già ricevuto :)
    grazie mille in anticipo
    Alessandro

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    1. Ciao Alessandro, grazie dei complimenti. basta la CILA, ma se nella sostituzione degli infissi intendi variare la coloritura esterna e/o la partizione di anche solo uno di essi "sconfini" in SCIA. Lo studio senza finestra va dichiarato come ripostiglio. le cabine armadio all'interno delle stanze non hanno limiti di superficie (nè minima nè massima), ma la stanza deve comunque avere la superficie di 9mq se camera singola o 14mq se camera doppia (come scrivevo nel post, alcuni municipi sostengono - erroneamente - che almeno una camera debba obbligatoriamente essere di 14mq, non so se il tuo è uno di questi): se facendo la cabina armadio scendi al di sotto della dimensione minima, allora dovrai fare in modo che non risulti la porta della cabina armadio.
      ciao!

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    2. Grazie mille per la velocissima risposta.
      Per infissi intendevo solo le finestre in PVC in quanto quelle attuali sono del '15/'18 :)
      due stanze hanno superficie oltre i 14 mq senza contare la cabina armadio.quindi posso metterci le porte?
      Ancora grazie mille e complimenti di nuovo.
      Alessandro

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    3. se le stanze sono sopra i 14mq senza contare le cabine armadio metti tranquillamente le porte: anzi è pure meglio perché così ti abbassa la richiesta del rapporto aeroilluminante. considera un dettaglio: le cabine armadio conteranno ciascuna come 1/3 di vano catastale, quindi al momento di fare l'aggiornamento dell'accatastamento potrebbe risultare un aumento dei vani e quindi della rendita catastale (e quindi più IMU): chiedi al tuo tecnico di farti un calcolo preliminare per valutare, se credi, il problema. Se metti gli infissi in pvc ricadi in CILA solo se questi hanno la stessa coloritura esterna e la stessa partitura delle finestre originali, altrimenti andresti in SCIA. Ciao!

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  28. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  29. salve architetto,
    complimenti per la sua professionalità e per l'ottima idea di creare questo blog che come visto ha creato un dialogo tra tecnici al fine di aiutare la comprensione di una materia così delicata e difficile da comprendere.gradirei un suo parere in merito, la mia domanda è la seguente, nel 1 municipio devo presentare una scia per cambio di destinazione ad uso ripristino di un immobile disposto su piano terra, primo e copertuta (con relativa cantina al piano s/1) ad oggi censito in categoria D/2 e riportarlo alla sua originaria categoria A/7. i tecnici del municipio mi hanno detto di presentare una scia ad uso ripristino. il problema nasce dal fatto che l'autorizzazione del cambio ad uso ricettivo è avvenuto con condono edilizo per il quale sono state rilasciate due distinte concessioni, la prima per i piani S/1, terra e primo (per cdu) e la seconda riguardante il piano copertura per nuova costruzione/ampliamento. questo perchè il tecnico che curò la pratica di condono aveva verificato che nelle planimetrie catastali d'impianto del 1939 era stato omessa l'indicazione del torrino al piano copertura.nella domanda è stato indicato che l'opera è stata ultimata precedentemente al 1967. ora il municipio mi dice di fare una scia per rispristino per p.t.-1-s/1 ed una scia per il piano copertura per cambio di destinazione con pagamento oneri. il problema è che come faccio a dare il fine lavori per la prima scia se la pratica non è completa in quanto si verificano due unità non omogenee tra loro? un vero grattacapo....il torrino in questione è di 20 mq. ma di superficie utile pari a 10mq. con altezza di ml.3,05. mi rendo conto che la domanda è complessa, ma una sua risposta in merito, vista la sua competenza, mi sarà senz'altro utile. grazie per l'attenzione, saluti.

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    1. ciao Max, tecnicamente non ci sono difficoltà nel fare le due pratiche distinte per le due porzioni di fabbricato, la prima in cui ripristini l'originaria destinazione ai piani S1, t e 1 e l'altra per il cambio d'uso ad A/7. Secondo me non ci sarebbero difficoltà neanche nel fare una unica pratica, comunque bisognerebbe capire se il torrino è accatastato insieme al resto dell'immobile oppure se è distinto in un altro subalterno (che sarebbe ancora più semplice). non capisco invece la tua perplessità sul fine lavori: perché dici che non potresti darlo perché le unità saranno non omogenee? non porti tutto in a7? i fine lavori comunque puoi darli anche assieme per entrambe le scia, quando avrai finito.

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    2. se vuoi spiegarmi meglio, nella pagina "chi sono" trovi il link al sito: dal sito trovi il telefono del mio studio, se preferisci chiamami :-)

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  30. ciao, grazie per la tua tempestiva risposta....l'unità immobiliare è censita interamente in categoria A7, ed è rappresentanta graficamente in catasto per il suo intero. concordo con te in un'unica scia, ma il comune mi dice che è meglio suddividere le pratiche.per il fine lavori intendevo quello riferito alla prima pratica, in quanto a mio avviso sarebbe opportuno comunicarlo alla fine della seconda. il problema della seconda è solo riferito al pagamento degli oneri per il cdu, visto che in fondo in origine tale torrino esisteva già, ma si tratta solo di un errore nel rilascio delle concessioni e del fatto che nella planimetria d'impianto del '39 era stato omesso. sarebbe stato più logico fare una pratica unica ad uso ripristino senza pagare oneri.ma credo che sarò costretto a fare due pratiche. grazie ancora, ciao

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    1. Grazie a te di aver partecipato alla discussione: facci sapere gli sviluppi, più informazioni condividiamo meglio è. ciao

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  31. Salve architetto,
    ho presentato D.I.A. al III municipio in data 21 gennaio 2010, nel frattempo i lavori sono stati realizzati con piccole modifiche in corso d'opera rispetto al progetto asseverato. Ho dubbi se presentare una S.C.I.A. in variante alla D.I.A. o allegare al certificato di fine lavori la pianta dell'effettiva soluzione.
    Per piccole modifico intendo che dove era previsto un armadio a muro è stata realizzata una cabina, ed un muro che era previsto inclinato a 45° è stato realizzato diritto a 90°.
    Visto che sono al limite dei tempi per presentare la fine dei lavori, quale data devo considerare: la data del protocollo o la data di inizio lavori ( cioè dopo 30 gg).
    La ringrazio e la saluto
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    1. Salve, la data entro cui dare il fine lavori è tre anni dalla protocollazione, quindi entro il 21 gennaio 2013. Nel frattempo potrebbe comunque chiedere la proroga per altri tre anni se è il caso, pagando di nuovo la reversale di base. Per le modifiche che dici basterebbe anche la CILA in variante alla DIA, in quanto sono opere autorizzabili in CILA. il problema è che o ci vai oggi pomeriggio, oppure il prossimo giorno utile per depositare è martedì che è già 22 gennaio...

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  32. caro architetto avrei bisogno di qualche chiarimento.
    ho presentato una cila per opere di demolizioni di tramezzi, e realizzazione di impianti elettrico, idraulico e termico (per ristrutturazione prima casa, chiedendo poi le detrazioni)e ho presentato il Durc della ditta che avrebbe realizzato i lavori.
    purtroppo la ditta indicata ha realizzato solo una parte dei lavori, cioè demolizioni di tramezzi, tracce e relativo smaltimento dei calcinacci; ora, per sopravvenute incomprensioni, occorrerà trovare una nuova ditta per realizzare gli altri lavori; che bisogna fare?
    1) è necessario pagare una nuova Cila, o basta comunicare un nuovo Durc o non occorre fare nulla?
    2)la nuova ditta farebbe solo una parte dei lavori, perchè gli impianti li farebbero 2 liberi professionisti che rilasciano la relativa fattura; tutto ciò è regolare o vi saranno problemi al momento della richiesta delle detrazioni?
    3)infine, laddove nella Cila fosse indicato un Durc ma le opere fossero fatte da altri soggetti che comunque rilasciano idonea fattura, che rischi si corrono? cioè si rischia di non ottenere le detrazioni o si rischia solo una sanzione pecuniaria? ed in quest'ultimo caso, di che entità?
    grazie per l'attenzione e le risposte che mi vorrà dare.

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    1. Ciao Marco,
      per le questioni fiscali ti invito a leggere quest'altro mio post: http://architetticampagna.blogspot.com/2012/05/le-agevolazioni-fiscali-per-le.html dove dovresti trovare le risposte che cerchi. comunque in sintesi: per il recupero fiscale del 50% (ex 36%) non hai problemi, tutti i professionisti e/o imprese possono fatturare direttamente al cliente e questi scaricherà l'importo in base all'ammontare complessivo di quanto speso. Se invece il cliente volesse usufruire anche dell'IVA al 10% allora in teoria le fatture dovrebbero essere emesse da un unica figura professionale, ma non è contro la legge se anche le imprese individuali fatturassero al 10% per i lavori di loro competenza (ammesso che il loro operato possa essere considerato un opera a se stante e completa rispetto al contesto della ristrutturazione: per questo chi fornisce soltanto materiali - p.e. il negozio di piastrelle - non può emettere fattura al 10 direttamente al cliente, a meno che non sia ristrutturazione edilizia e non manutenzione straordinaria).
      per quanto riguarda il cambio d'impresa non è nulla di drammatico: basta tornare al municipio ed allegare il nuovo durc ad un nuovo modello di CILA ricompilato da capo (alcuni municipi accettano anche una comunicazione in carta libera, altri vogliono una cila in variante completa - anche se non ci sono varianti: è meglio informarsi prima, purtroppo non c'è una procedura univoca). non devi pagare di nuovo la reversale, e non dovrebbero nemmeno farti pagare la reversale per variante in corso d'opera, perché di fatto non lo è. insomma dovrebbe essere a titolo gratuito.

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  33. Salve Architetto Campagna, vorrei sottoporle un quesito. Ho un appartamento nato nel 1949 come A3, trasformato poi con il condono del 1985 in A10 e che adesso ho provveduto a ripristinare in A3 presentando specifica domanda di rinuncia al condono (mod. 30) all'uffico condono di Roma e domanda di riaccatastamento al Catasto.
    Io adesso lato Catasto vedo l'appartamento come un A3 mentre lato Condono ho in mano solo il protocollo della domanda di rinuncia al condono che mi è stato rilasciato all'atto della
    presentazione della domanda stessa.
    La mia domanda è: posso iniziare immediatamente dei lavori di ristrutturazione interna (rifacimento impianti, modifiche tramezzature..) presentando semplicemente al Municipio di appartenenza (è il XVI°) una CILA o devo aspettare qualche comunicazione dell'ufficio condono?
    Cordialmente
    Sante

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    1. Ciao Sante, rinunciando al condono ti sei precluso la possibilità un domani di ripristinare l'A10, avresti potuto fare un semplice cambio di destinazione d'uso (certo questo avrebbe avuto degli oneri che invece la rinuncia al condono non ha...), comunque penso che la situazione sia assimilabile a quella del presentare una CILA su un immobile con un condono ancora non sfociato in una concessione: presenterai la tua cila con un atto notorio in cui il proprietario solleva il comune da ogni responsabilità nel (raro, assurdo) caso in cui non dovessero accettare la rinuncia al condono. ciao!

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  34. Buongiorno Architetto e complimenti per l'ottimo blog.

    Volevo porle un quesito: sono in procinto di acquistare un appartamento (4° Municipio) che dovrò ristrutturare completamente, dalla A alla Z. Con la parte venditrice ci siamo accordati sul fatto che potrò iniziare i lavori fra compromesso e rogito e che la CILA la presenterò io a nome mio allegando il compromesso registrato in conservatoria. Problema: alcune mie fonti mi hanno fatto presente che, seppur raramente, tale richiesta di CILA potrebbe venire rigettata dal Comune. In tal caso ho chiesto alla parte venditrice la disponibilità a presentarla a proprio nome, ma il proprietario non ne ha la minima intenzione sebbene io, nel momento in cui saremo dal notaio per il preliminare, abbia assicurato che metterò nero su bianco che qualsiasi responsabilità verso persone o cose sia totalmente a mio carico e che la ditta che eseguirà i lavori sarà assolutamente in regola sotto ogni punto di vista. Il rischio è che io faccia il compromesso e mi possa trovare impossibilitato a rogitare dal momento che i lavori non partiranno prima che io sia il proprietario.

    Grazie del suo tempo.

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    1. Ciao Gabriele: è molto semplice, puoi firmare tu la CILA con specifica delega della proprietà (il proprietario può delegare chiunque ad essere titolare dei lavori per suo conto). Non vedo perché il proprietario non debba concederti la delega, soprattutto visto il compromesso di vendita. Tuttavia se proprio non volesse firmare nè accordarti la delega, non potresti fare nulla finchè l'immobile non è effettivamente tuo.

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  35. Salve,
    vorrei chiederle un consiglio dato che mi trovo nella situazione di dover affrontare il buco normativo da lei descritto in questo articolo.
    Devo seguire dei lavori di manutenzione straordinaria ed una camera con finestra che dovrebbe dunque essere una stanza singola misura 8.70 m2.
    Per rientrare nei 9 m2 dovrei far abbattere una porzione di parete restrigendo il corridoio(abbruttendo tra l'altro la stanza).
    Inoltre la SF della stanza,che ovviamente non ho considerato nel calcolo della SU, è circa 0,50 m2.
    Poichè mi sembra irrazionale buttare giù una parete per 0.3 m2 stavo considerando la possibilità di presentare comunque la pratica senza far abbattere la parete e sperare che all' ufficio tecnico siano ragionevoli ed eventualmente fare una variazione in caso di contestazione.
    Non avendo mai lavorato a Roma vorrei sapere se secondo lei c'è la speranza che all'ufficio tecnico possano essere un minimo flessibili oppure se è inutile sperarci.
    La saluto e le faccio i complimenti per l'articolo che mi è stato molto utile

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    1. CIao Piero, scusami mi ero perso il tuo post e ti rispondo solo ora: secondo me senza fare troppi giri puoi dichiarare che la stanza è effettivamente di 9mq, in fondo 8,7 è "arrotondabile" a 9. Quello che mi sembra invece più difficile da superare è il problema della finestra: 0,5mq di finestra non sono assolutamente sufficienti per servire la stanza, ma ne servirebbero almeno 1,2 (9/8). Quindi se la finestra rimane quella, la stanza non può essere dichiarata stanza. Ma nemmeno ripostiglio, perché ha la finestra e supera i 4mq. Per uscire dall'impasse puoi dichiarare che murerai la finestra all'interno, ottenendo così un vano cieco di 8,7mq dichiarabile come ripostiglio. Alternativa n°2, dichiarare che non esiste una porta tra il corridoio e questo ambiente, che quindi automaticamente diventa corridoio anch'esso, il quale può avere finestre piccole e può ovviamente avere qualunque dimensione. Ovviamente tutto ciò va fatto ben presente al cliente il quale deve essere completamente consapevole di ciò che si andrà a dichiarare, perché una volta chiusi i lavori eventuali finestre non murate o porte installate diventano un "abuso" commesso dalla committenza. Negli uffici tecnici lo sanno bene che le regole sono assurde, ma da parte loro devono fare il loro dovere: devono verificare che quello che tu dichiari sia aderente alle regole del regolamento edilizio. Poi se avrai un corridoio che assurdamente finisce con uno spazio più grande vedrai che nessuno ci farà caso. Ciao!

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  36. salve Architetto sono ad un bivio e non so come uscirne.
    Un mio cliente nonchè amico ha preso in affitto un locale che farà diventare pub nel XIII municipio.
    In questo locale deve realizzare delle tramezzature per creare gli ambienti necessari a soddisfare le richieste dell'USL.
    Ora lui ha già iniziato a fare questi lavori di demolizione e ricostruzione ed essendo un ex muratore se li sta facendo da solo.
    Come mi posso comportare con la presentazione della CILA?
    Ne faccio una normale con il nome di un'altra impresa esecutrice dei lavori?ne faccio una in sanatoria, ma serve comunque un'impresa fittizzia?
    Oppure non ne faccio nessuna ma non so se poi si può presentare la pratica all'USL senza cila e senza variazione catastale.
    HELP.
    Grazie

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    1. Ciao Emanuele, se il tuo amico è muratore "per hobby" formalmente potrebbe farsi i lavori "in economia" ma dovrebbe comunque essere iscritto alla camera di commercio (la legge ammette che impresa e committente coincidano, ovviamente, ma non ammette che possa coincidere il tecnico con l'impresa). Se è iscritto alla c.c. come edile, può fare richiesta del durc oppure ha la facoltà di autodichiarare di essere in regola con i pagamenti dei contributi a sè stesso (le imprese individuali sono le uniche che hanno la facoltà di sostituire il durc con l'auto-dichiarazione, perché in fondo pagano i contributi per loro stessi quindi se non li pagano "si danneggiano da soli" e non persone terze). Se il tuo amico invece non fosse iscritto alla c.c. allora dovrà trovare un'impresa dotata di durc (o un impresa individuale iscritta in c.c.), e dovrà tenere presente che in teoria lui in quanto non "regolare" non dovrebbe realizzare nessun lavoro, anche se è per proprio conto (si, lo so, è assurdo, ma la legge non ammette il caso nello specifico) ammesso che non siano rifiniture finali che non incidono sulla sicurezza (posa di pavimenti, pitture, etc ma nessun tipo di impianto). Anche se facessi una CILA a sanatoria a lavori ultimati occorrerà dichiarare da quale impresa sono stati eseguiti e presentarne il relativo durc, sempre considerando che i dati di impresa e committente vengono inviati all'agenzia delle entrate per eventuali futuri controlli sulla fatturazione. La pratica va presentata comunque, perché per l'autorizzazione al SUAP per aprire l'attività gli chiederanno l'asseverazione di un tecnico il quale dichiara che dal punto di vista urbanistico è tutto in regola, e senza aver presentato una pratica edilizia la situazione non potrà mai essere regolare. spero di averti aiutato. ciao!

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    2. La ringrazio per la risposta esauriente. Purtroppo sono agli inizi e certi procedimenti ancora non li ho chiari.
      Grazie ancora
      A risentirci

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    3. Salve Architetto,
      le scrivo qui per una domanda veloce.
      Sento varie opinioni sulla stesura del fine lavori per la cila.
      Sa se va consegnata o meno, se basta la variazione catastale o se vanno consegnate entrambi?
      E se c'è un modello apposito per i diversi municipi oppure va consegnato sempre al municipio 18( che è anche l'unico modello che è possibile reperire su internet)?
      grazie del suo tempo.
      Emanuele

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    4. Ciao Emanuele, come scrivo anche in questo post: http://architetticampagna.blogspot.com/2012/06/una-chiacchierata-con-un-tecnico.html il fine lavori NON è obbligatorio, in quanto si tratta di una comunicazione di opere non soggette a licenza edificatoria. Tuttavia è facoltativa, ed io la presento sempre per le mie CILA in quanto dato che ci fanno timbrare anche come direttori dei lavori è opportuno che ci sia una dichiarazione di fine lavori. Non ci sono modelli predefiniti essendo una cosa facoltativa, se vuoi puoi usare quello del 18° anche negli altri municipi. La variazione catastale, a quel punto, la devi allegare sempre, in quanto è obbligatoria comunque.

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    5. Grazie mille e veramente complimenti per la sua professionalità.
      Cordiali Saluti.
      Emanuele

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  37. Salve Architetto, la disturbiamo anche di domenica!
    Vorrei sottoporle un quesito più volte posto alla sua attenzione su questo blog ma che data la contraddittorietà – e assurdità- della normativa lascia ancora molti dubbi.
    Sto preparando una CILA per lavori di ristrutturazione di un immobile comportanti demolizione e ricostruzione di tramezzi con lo spostamento di un bagno attualmente in un vano di 5mq con finestra ad uno di 4,15 mq sempre con finestra. Il vano di 5mq verrà ampliato per trasformarlo in “studio” ma, restando al di sotto dei 9mq, come dovrà essere chiamato nelle piantine intra e post operam? In un suo precedente post Lei suggeriva di tenersi generici nella descrizione delle opere, con un’espressione tipo "demolizione e ricostruzione tramezzature interne non portanti al fine di variare l'assetto planimetrico interno dell'immobile. adeguamento impianti".Ma sulle piantine cosa si scrive? Inoltre, anche volendo lasciare per ora il vano aperto e quindi “annesso” al corridoio, il proprietario sicuramente vorrà chiuderlo successivamente con una porta. In quali sanzioni potrà incorrere?
    La ringrazio moltissimo.
    Francesca

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    1. Ciao Francesca, la frase che citi e che suggerisco di usare va inserita nel modulo della CILA laddove si chiede di descrivere brevemente i lavori da farsi.
      Nelle planimetrie io sono abituato ad inserire in ogni ambiente la dicitura di quello che era (nell'ante operam) e di quello che sarà (nel post). Se sei certa che il tuo committente intenderà chiudere il vano rendendolo non conforme al regolamento edilizio io ti consiglio di fare delle fotografie al momento del collaudo in cui si evinca il fatto che l'ambiente è stato realizzato conformemente al progetto, e quindi potresti creare un file con queste foto e firmarlo digitalmente con timestamp (secondo me equivale quasi alla perizia giurata ma è un idea mia): questo intanto tutelerà te. Un domani che si dovessero fare dei controlli (o che il tuo committente dovesse vendere) potrà incorrere nell'obbligo di ripristino dello stato ultimo autorizzato e quindi demolizione delle opere abusivamente realizzate, con una sanzione di tipo amministrativo di poche centinaia di euro. è comunque esclusa la sanzione penale per questo tipo di opere. Non so se sono stato chiaro, forse sono stato un po criptico...fammi sapere...ciao!

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  38. No chiarissimo ;), ti ringrazio.
    Lasciando quindi aperto il vano, come da regolamento, cosa scrivo sul post operam?annesso al corridoio/salone?
    grazie ancora
    ciao

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    1. puoi anche non scrivere nulla perché se non è un vano chiuso rimane corridoio. Al massimo, in questi casi, onde evitare di stimolare la curiosità del tecnico revisore scrivo "corridoio con armadiature" per lasciar intendere che lo spazio in fondo sarà utilizzato tipo cabina armadio. Comunque al tecnico che ti revisiona importa poco gli abusi che potenzialmente può fare il committente: deve solo verificare che il tuo post-operam sia conforme. Ciao!

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    2. Mi hai dato tutti gli strumenti per muovermi a dovere.
      Ti saluto e ringrazio nuovamente per le competenze e suggerimenti preziosi che metti a disposizione di tutti.
      Ciao

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  39. Salve architetto avrei bisogno di un consiglio professionale. Il vecchio proprietario di un appartamento a Roma (municipio VI)ha ricavato una cameretta di 6,50mq da una camera matrimoniale più grande nel 1986. Non ha comunicato la variazione di ridistribuzione interna o "art 26" e a marzo dell’86 ha richiesto condono per la chiusura di un balcone allegando la planimetria senza la cameretta (concessione in sanatoria ottenuta nel 2013). Dopo essersi accorto dell’incongruenza, ad ottobre dello stesso anno ha effettuato una esatta rappresentazione grafica e non una dichiarazione di ridistribuzione. Ora che sto vendendo casa il notaio degli acquirenti non vuole rogitare. Come mi consiglia di risolvere il problema? cosa posso fare per sanare?

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    1. peccato, nella planimetria catastale di condono poteva benissimo essere infilata questa stanzetta, che quindi sarebbe stata automaticamente legittimata: si poteva modificare la planimetria di condono prima del rilascio della concessione, ora non credo sia più possibile. La situazione può essere sanata solo facendo una CILA a sanatoria, verificando che la distribuzione interna sia effettivamente sanabile (p.e. non lo sarebbe se la stanzetta avesse una finestra). Altrimenti, potreste far risultare la cameretta come non chiusa ma annessa all'ambiente principale da cui è stata ricavata. Inoltre per coerenza dovreste dichiarare che le opere sono state fatte dopo il rilascio della concessione in sanatoria, quindi praticamente adesso. Altra alternativa, fare le opere edili per ripristinare lo stato autorizzato correlato alla concessione.

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    2. la stanzetta ha una finestra, sobh!! La planimetria allegata alla concessione è quella di ottobre del 1986 con la cameretta, poichè mi è stata richiesta planimetria e visura a gennaio 2013 ho consegnato ultima planimetria (ottobre 1986). Però il protocollo della concessione in sanatoria è quello di marzo 1986 alla quale era allegata planimetria senza cameretta. spero di essermi spiegata, perchè non essendo addetta ai lavori la situazione non mi è molto chiara.

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    3. Ma la planimetria inserita nel condono ha la cameretta o no? se ha la cameretta allora è tutto sanato. La concessione in sanatoria deve avere nel protocollo due riferimenti: quello della domanda iniziale, con data 1986, e quella di rilascio della concessione, del 2013.

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    4. La planimetria allegata alla concessione (che io ho consegnato a gennaio 2013) depositata ad ottobre '86 ha la cameretta, ma il protocollo della domanda iniziale di condono è di marzo dell'86 che aveva la planimetria allegata senza la cameretta. Ieri ho parlato con il notaio e mi ha detto che non puo considerarla sanata ma che molto probabilmente è un errore dell'ufficio condoni (quindi è meglio non svegliare il can che dorme!!!!). il consiglio del notaio è allargare la cameretta e portarla a 9mq (tanto mica paga lui!!!). insomma non se ne esce!!! c'è qualche riferimento di legge che lei sappia a cui appellarmi del municipio VI che mi venga incontro per "abusi" del 1986?

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    5. Ah no aspetta, se è così allora la situazione è diversa, scusami non avevo capito inizialmente. La planimetria allegata al condono quindi è quella correttamente modificata apposta per inserirla nella domanda di sanatoria (il fascicolo di condono è stato aperto nel marzo dell'86, è più che normale che sia stato integrato con la planimetria in ottobre: io personalmente ho visto planimetrie inserite vent'anni dopo nelle patiche di condono). La questione quindi è questa, e purtroppo varia ad interpretazione: le concessioni in sanatoria valgono tecnicamente solo ed esclusivamente per le porzioni sottoposte a sanatoria, quindi di fatto "vale" solo per la verandina e non per il resto dell'appartamento. paradossalmente se aveste condonato un cambio d'uso per tutto l'immobile, allora effettivamente la concessione avrebbe avuto valore sull'intera superficie dell'immobile, sanando anche eventuali situazioni planimetriche interne difformi. Detto ciò, il notaio ha ragione nel pretendere la sanatoria della stanzetta, ma è anche vero che interpreta in modo forse eccessivamente cavilloso la normativa urbanistica (ma tutto sommato è corresponsabile delle dichiarazioni urbanistiche quindi il suo impuntarsi è legittimo): secondo me la cosa più semplice da farsi è smontare la porta della stanzetta e fare una CILA a sanatoria facendo risultare il vano come annesso a quello servente.

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    6. grazie mi sembra un ottimo consiglio. ora verifico con il notaio si possa fare (sicuramente troverà qualche cavillo...sembra il suo hobby!!). Ci sono vincoli di misure porta, mq o altre cose che potrebbero ostacolare questa soluzione prima di proporla al notaio? grazie grazie grazie almeno qualcuno competente con cui interagire!!!!

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    7. Prego ;) non ci sono misure minime: sei tu che dichiari che quella non è una porta quindi nessuno ci deve (dovrebbe) mettere becco.

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    8. bene...speriamo!!! quanto tempo ci vuole per la CILA ed il costo?

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    9. la CILA a sanatoria è "istantanea" ma conviene sempre aspettare un certo numero di settimane per essere certi che l'amministrazione non abbia emesso delle obiezioni. Nella quasi totalità dei municipi si può sanare con circa 510 euro: alcuni municipi sono ancora convinti che debbano applicarsi i 1.500 euro della legge regionale ma per fortuna sono rimasti in pochi (vi è un parere della regione lazio che specifica che non lo sono). entro i quindici giorni successivi al deposito della sanatoria occorre fare la variazione catastale, che costa 50 euro di diritti erariali. Poi a queste somme da devolvere alle amministrazioni c'è da aggiungere la parcella del tecnico ;)

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    10. perfetto pagheremo a "tutti" tutto quello che c'è da pagare...basta che riesco a risolvere!! Ma questo parere della Regione Lazio è linkato nel tuo blog?

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    11. Of course, yes: http://architetticampagna.blogspot.it/2012/10/un-punto-sulla-cila-sanatoria-roma.html

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    12. buongiorno ricomincia la saga...ieri in piena esplorazione dell'opzione da lei proposta (smantellamento porta) il geometra decide di prendere le misure della cameretta di persona e non dalla planimetria...e surprise surprise le misure non corrispondevano alla planimetria (sicuramente non in scala essendo fotocopia di fotocopie)...no vabbè!!! la cameretta è effettivamente 8,90mq. quindi a questo punto diaciamo che si può sanare con una DIA ed ecco che si ricomincia con il balletto!!! la mia domanda è quali sono i costi amministrativi di una DIA in sanatoria nel Municipio VI?

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    13. ma perché la DIA? basta la CILA se non ci sono modifiche esterne o altre cose invasive.

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    14. buongiorno eccoci di nuovo punto e a capo. alla fine abbiamo optato per la soluzione da lei suggerita (vano annesso) quindi abbiamo proceduto con la DIA, ma naturalmente non poteva essere così semplice. il tecnico non è riuscito a trovare al concessione edilizia nonostante tutte le ricerche fatte all'ufficio IX. poichè il palazzo è del Comune di Roma concesso ai dipendenti ferrovieri con contratto in nostro possesso e antecedente al 67 (primo accatastamento nel 1952), il tecnico ha deciso di fare una perizia giurata in accordo con il funzionario del municipio VI e procedere con la DIA. Naturalmente il notaio ha accettato la soluzione della perizia ma ha detto che questo non sana la situazione ma la tampona (ed in futuro potrebbe sempre creare problemi per nuove ristrutturazioni). ora dopo tutta questa premessa le chiedo di spiegarmi gentilmente se è effettivamente così perchè io non capisco come un Municipio possa accettare una perizia e sanare l'abuso del 1986 ma creare problemi nel futuro. grazie

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    15. Ciao! ma non parlavamo di una concessione in sanatoria? che c'entra il IX dipartimento? quelli hanno mandato tutte le pratiche all'ufficio condono, occorre fare la visura a via di decima, non all'eur. comunque ancora non capisco perché si voglia presentare una DIA e non una CILA. Il municipio può accogliere la perizia giurata di un tecnico che assevera lo stato dei luoghi, ma si assume una responsabilità così enorme che io personalmente lo potrei fare solo se avessi visto e toccato con mano le carte che accertano la sussistenza dei requisiti: in fondo al municipio serve solo che qualcuno si assuma la responsabilità di dire che tutto è a posto. A quel punto però anche il notaio può stare sereno: in caso vengano fuori problemi, sarà il tecnico ad aver asseverato che tutto era a posto e quindi sarà lui a rimetterci le penne. Comunque mi sembra - vedendo la cosa dal di fuori e senza poter entrare nel merito delle scartoffie - che questa storia sia diventata più grande del problema che doveva essere risolto...

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    16. Hai colto perfettamento nel segno...sembra uno tsunami!!! comunque la concessione in sanataria è stata data dall'ufficio condoni ed è chiuso come argomento. Per fare la DIA/CILA c'è bisogno della concessione edilizia dello stabile o agibilità che non si trova neanche all'ufficio urbanistica, ecco perchè la perizia giurata. il notaio così rogita ma gli acquirenti sono in dubbio per i lavori futuri. non so!!!

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    17. L'agibilità può non esistere per niente, capita che non sia stata mai richiesta. Comunque l'assenza dell'agibilità non impedisce di rogitare: basta che l'assenza sia citata nell'atto di rogito. In ogni caso se c'è la concessione in sanatoria, l'agibilità - solo in questo caso - può essere richiesta per il singolo immobile all'ufficio condono. Per quanto riguarda il progetto al dipartimento io me ne fregherei: se hai la concessione in sanatoria, che è posteriore a quella di costruzione del fabbricato, hai già la tua legittimità urbanistica, perché il condono fa una sorta di reset dell'iter autorizzativo. Da un punto di vista urbanistico dunque non servirebbe andare più indietro nel tempo della concessione in sanatoria; da un punto di vista notarile però non saprei.

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  40. Salve achitetto, innanzitutto complimenti per il blog e per i preziosi consigli, che anche per chi opera da tempo nel campo sono comunque molto utili.
    Vengo subito ad esporti il mio dubbio: devo rifare una facciata esterna di un edificio nel centro storico di Roma , I municipio, è la prima volta che mi capita di rifare facciate esterne, ma di questi tempi ....... si fa di tutto.
    L'intervento consiste nel rifacimento degli intonaci e tinteggiatura senza cambiare colore né infissi; ho ottenuto già il NO dalla soprintendenza, e ora devo presentare la domanda al I Municipio.
    Si tratta dunque di un intervento di manutenzione ordinaria, per il quale nel caso ci trovassimo non in città storica, sarebbe necessario tutt'alpiù una CIL, giusto??! (per favore me lo confermi?).
    In questo caso, però, all'art 24 comma 21 delle NTA del PRG si prescrive che per la città storica e per gli edifici complessi speciali individuati nella Carta per la Qualità e ai sensi dell’art. 6, comma 1, del DPR n. 380/2001, nei Tessuti T1, T2, T3, T10, gli interventi di categoria MO, se interessano le parti comuni, con rilevanza esterna, delle Unità edilizie, sono soggette a DIA.
    Ora, dato che le NTA sono precedenti alla creazione della SCIA e della CILA, il mio quesito è: devo presentare una SCIA oppure è sufficiente una CILA?
    Ovviamente potrei chiederlo al tecnico del I Municipio , ma dato che spesso, non tutti e non sempre, assumono aria da saccenti, "vorrei andare ...a colpo sicuro"
    Grazie molte anticipatamente.

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    1. Ciao Francesca: ti viene in aiuto la circolare esplicativa del dipartimento dell'anno scorso che specifica che nel tuo caso si va in SCIA. Se l'immobile non fosse vincolato bastava la CIL, che comunque rimaneva facoltativa.

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    2. Grazie per la risposta tempestiva.
      L'immobile non è vincolato, ma ho dovuto richiedere il NO alla SBAAP in quanto si tratta di intervento di MO che interessa il prospetto esterno su un edificio che è nel centro storico. Per cui, credi che occorra la SCIA?
      Grazie mille.

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  41. Buongiorno Marco, sono un collega che generalmente non si occupa di ristrutturazioni e devo dirti che per l’esperienza estemporanea che sto vivendo sul tema, un incarico di famiglia, il tuo post mi è stato molto utile. Ho tuttavia alcuni chiarimenti da chiederti. L’appartamento presenta due particolarità. La prima è che in mezzo alla camera da letto, trasversalmente, è presente una trave che riduce l’altezza a quota 2,42 m. Credo sia tutto lecito evidenziando in pianta ante operam la preesistenza, non posso di certo modificarla. La seconda particolarità è la preesistenza di due piccole finestre 60x170 che si affacciano in una chiostrina molto piccola (è una sorta di areatore interno al palazzo grande quanto un vano ascensore). La prima finestra è presente in un ripostiglio che vorrei trasformare in cabina armadio. La mia intenzione è di aprire questo spazio, con due porte scorrevoli contrapposte, dalla camera da letto che misura più di 14mq chiudendo l’accesso dal corridoio. La camera è dotata di un’ampia portafinestra. L’altra finestra è in corridoio e tale rimarrà. Entrambe si aprono a vasistas e fungono da areatori, anche se chiuse, perché presentano nella parte alta una ventola di areazione.
    Da quanto ho capito la finestra in cabina (che indicherò come ripostiglio, giusto?) non è conforme. Posso chiuderla? Si può murare una finestra solo dall’interno dell’appartamento lasciando inalterato l’esterno compreso finestra e tapparella? E con il corridoio sono in regola lasciando la preesistenza così com’è?
    L’appartamento non è stato mai modificato!
    Ringraziandoti per la tua professionalità che metti a disposizione di tutti ti invio i miei saluti. Forse avrò bisogno di altri piccoli suggerimenti.

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    1. Ciao Francesco! la finestra nel corridoio non ti crea nessun problema, mentre invece la cabina armadio, che indicherai come ripostiglio, se con finestra non può superare i 4mq di superficie interna calpestabile. se sei in questa condizione hai due alternative: o indichi che murerai la finestra dall'interno (la cosa è lecita se all'esterno rimane tutto com'è) oppure indicherai che non esiste una porta che chiude l'ambiente ripostiglio, insomma indicherai solo quattro pareti "aperte" sulla camera principale. chiedimi pure se hai altri dubbi. ciao!

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    2. dimenticavo: per il trave non ti preoccupare, puoi benissimo omettere di indicarlo. Verifica comunque che l'altezza "media" dell'ambiente sia almeno 270cm, così giusto per scrupolo.

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  42. Buongiorno Architetto,
    innanzi tutto vorrei ringraziarla per questo post in cui, da completa inesperta, ho trovato le risposte a molti dei miei dubbi. Mi permetto di scriverle per chiedere un chiarimento riguardo agli interventi che dovrò fare in un appartamento che ho appena acquistato. Le modifiche che dovrò fare, e che mi sembra di capire rientrino tutte nella CILA, sono:
    * rifacimento e messa a norma di tutti gli impianti
    * ampliamento della cucina (abbattendo e ricostruendo tramezzi, con apertura porta in un lato differente)
    *conseguente nuova pavimentazione e pittura delle pareti
    Di tutto questo si occuperà un’unica impresa edile.
    Vorrei però sostituire anche i vecchi infissi con nuovi a risparmio energetico: di questo si occuperà il fornitore da cui ordinerò i nuovi infissi, che smonterà e smaltirà i vecchi e monterà i nuovi. In questo caso (impresa edile + fornitore/montatore finestre) mi troverei nel caso di compresenza di più imprese nello stesso cantiere con obbligo, quindi di notifica preliminare ASL e nomina coordinatore di sicurezza?
    Il dubbio mi assale perché vorrei usufruire degli incentivi del 50% per la ristrutturazione e del 55% per le finestre e ho letto che nel caso di più imprese il diritto alla detrazione decade in assenza dell'invio della notifica alla ASL. Se dovessi rientrare in questa casistica non saprei davvero da che parte girarmi..più navigo in rete e più sono confusa! La ringrazio in anticipo per le indicazioni che vorrà darmi.

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    1. Ciao Marta,
      nella pratica se in un unico cantiere operano più imprese, scattano gli obblighi (eccessivamente restrittivi a mio avviso) di cui al d.lgs. 81/08 di cui la notifica preliminare alla ASL è solo una piccola parte: dovrai infatti nominare un tecnico coordinatore della sicurezza che rediga un piano di sicurezza e coordinamento per il cantiere nello specifico (di fatto, una bella mappazza di fotocopie che nessuno leggerà mai, compreso il tecnico stesso che le copierà da un altro lavoro - non so se trapela il mio forte scetticismo nei confronti di questa legge sulla sicurezza che secondo me è fatta coi piedi da gente ubriaca, dato che per la sicurezza degli operai edili nei piccoli cantieri in particolare non fa proprio un bel niente se non imporre la figura di un capro espiatorio in caso di problemi: il tecnico appunto). Nel tuo caso comunque puoi evitare di ricadere negli obblighi di questa legge perché i due "cantieri" possono essere benissimo distinti e distinguibili: le lavorazioni delle finestre infatti possono benissimo essere fatte prima (o dopo) l'esecuzione delle opere edili, senza quindi che vi sia effettiva compresenza delle imprese nel medesimo momento. Inoltre, se gli infissi li andrai a sostituire con altri aventi identica partitura e coloritura esterna, non sono soggetti ad autorizzazione acluna e quindi il ragionamento vale ancora di più: con la CILA autorizzi le opere interne e poi, successivamente, sostituisci gli infissi senza comunicare alcunchè perché sono opere non soggette a titolo edilizio. Diverso sarebbe il discorso se volessi sostituire gli infissi con altri aveti differenti forme e/o colori: in questo caso ci vuole la SCIA (superiore alla CILA) nella quale potresti far autorizzare anche le opere interne benchè soggette solamente a CILA ma a quel punto sarebbe più difficile andare a spiegare che erano due cantieri distinti. Inoltre, considera che se l'impresa che ti fa l'edile o il serramentista fossero imprese individuali, queste NON si "contano" nel numero delle imprese (questo concetto è un opinione diffusa e non un preciso proclama), per cui 1 impresa + 1 ditta individuale = 1 impresa e quindi niente obblighi di cui all'81/08.

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    2. Grazie mille per la risposta rassicurante e soprattutto velocissima! Le confermo che le finestre saranno identiche nella forma e nel colore esterno ( purtroppo sono obbligata ad attenermi a quelle condominiali) quindi escludo la SCIA. Mi perdoni se le faccio un’ultima domanda forse un po’ sciocca che mi è venuta in mente leggendo quello che mi ha scritto. Premetto che la mia intenzione sarebbe di fare tutto, o comunque il più possibile, entro giugno per usufruire delle maggiori agevolazioni, e che pertanto la sostituzione delle finestre e relativo collaudo sarebbe meglio avvenisse a lavori edili ancora in corso. Ma potrei eventualmente pagare al fornitore delle finestre, a titolo di acconto sulla sua fattura, l’importo degli infissi (dunque il più elevato) entro il 30.06 e attendere che il cantiere edile si sia chiuso prima di procedere alla sostituzione vera e propria delle finestre? In questo modo non avrei coesistenza di imprese e non avrei perso il beneficio della detrazione sull’importo più importante! Troppo contorta? 

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    3. Un’ultima cosa (giuro!!): nel mio caso potrei incaricare un geometra per la presentazione della CILA (e tutto quello che è collegato, catasto incluso) e incaricarlo della Direzione Lavori? O è necessario che a fare questo sia un architetto? Perdoni la mia ignoranza sulle diverse professionalità!!

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    4. la fattura per le finestre può risultare pagata prima del 30/06 ma dovrebbe coincidere con l'effettiva conclusione dei lavori relativi. Potrebbe però pagare un ingente acconto al serramentista (anche il 70-80% dell'importo, sperando che non sparisca...!) prima della data ultima e poi saldare la rimanenza ad opere eseguite. Comunque consideriamo che la norma sulle detrazioni fiscali dovrebbe essere resa strutturale: dobbiamo solo aspettare che si formi un governo...tutti quelli che sono "papabili" per formare un governo hanno intenzione di prorogare la detrazione. La CILA può essere firmata come progettazione e direzione lavori da: geometri, architetti, ingegneri, periti edili. Se ti serve un tecnico, considera che la gestione delle pratiche CILA è ovviamente parte del mio lavoro e se lo desiderassi potrei occuparmene io: i contatti li trovi nella pagina "chi sono-contatti" :-) scusami se ho approfittato :P

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    5. Ma si figuri! Ha fatto benissimo a dirmelo, la contatterò senz'altro per richiederle una stima dei costi relativi alla pratica. Anzi mi scusi se ho approfittato in questa sede del suo tempo e della sua gentilezza, e grazie delle preziose informazioni!

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  44. Buonasera Marco, ti conoscevo già come assistente del prof. Alfieri all'università e con piacere ho scoperto questo tuo blog direi veramente utile. In particolare questo post mi è stato di grandissimo aiuto visto che mi trovo ad affrontare la mia prima ristrutturazione di un appartamento, e dopo tanto lavoro ora sono arrivata al mio primo problema, spero tu possa darmi un consiglio. L'immobile è antecedente al 1967 e si trova nel XII municipio. Io sono in possesso della pianta catastale che risulta conforme allo stato attuale dell'appartamento e risale al 18/04/1968. In più ho il certificato di abitabilità che riporta la data del 28/11/1969. Conoscendo i tempi del IX dipartimento, secondo te, per mia tutela, nel momento in cui devo asseverare nella CILA che la preesistenza è conforme al certificato di abitabilità, è strettamante necessario che io faccia la visura del progetto presentato dal costruttore? E' possibile che questo progetto sia diverso da quello presente al catasto? Siccome sia il proprietario che la ditta hanno fretta di iniziare i lavori, per non fargli aspettare i tempi della visura, possono iniziare i lavori per poi presentare la CILA durante l'esecuzione dei lavori, pagando la multa di 86 euro? in questo caso io correrei rischi o la responsabilità della mancata comunicazione di inizio lavori è solo del proprietario?
    Ti ringrazio anticipatamente.

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    1. Ciao Ilaria, ben trovata sul mio blog! diciamoci la verità, guardandoci virtualmente negli occhi: all'archivio progetti del dipartimento ricevono due soli giorni a settimana per un massimo di 15 visure al giorno, quindi un totale di 30 visure a settimana, diciamo 1500 visure l'anno. In media in un municipio vengono depositate una quarantina di pratiche a settimana, per 19 municipi in un anno fanno circa 40.000 pratiche. Diciamo che un 20% di questi aveva già i progetti da visionare, o magari ha pratiche di condono che accertano la preesistenza, o magari il catastale del 1939. Ma gli altri, più della metà, secondo te hanno potuto fare la visura all'archivio progetti? no. Non è materialmente possibile visionare i progetti per tutte le pratiche edilizie che si fanno, sebbene questa sia la cosa più logica e corretta da fare. Dunque che dirti? se si tratta di opere interne, visto che stai presentando una CILA, il fatto che esista l'agibilità significa che il fabbricato non è stato realizzato in modo abusivo e questo già dà garanzia di stare asseverando un qualcosa di molto vicino al vero. Dunque potresti depositare senza farti troppi problemi. Il catastale non è garanzia di legittimità.

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  45. Grazie della velocissima risposta. Capisco benissimo quello che mi dici, però essendo alle prime armi ho molte perplessità riguardo alle mie responsabilità. Se io assevero una cosa che non è vera, e dovessero fare un controllo (che magari non faranno mai, ma per assurdo potrebbe capitare), cosa rischio io per aver dichiarato il falso?

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  46. Salve architetto,
    Mi sono imbattuto nel suo interessantissimo blog nella disperata ricerca di una risposta ad alcune domande inerenti la ristrutturazione di casa.
    Io e mia moglie abbiamo comprato casa e vorremmo fare oltre ai normali lavori di ristrutturazione (rifacimento bagno, imbiancatura pareti, modifica impianto elettrico, etc.) anche un nuovo bagno in camera e una porta finestra che affacci sul terrazzo di nostra proprietà che non da direttamente su strada ma su un cortile interno.
    Il dilemma che mi assilla da giorni è su quale pratica occorre fare per eseguire i lavori senza avere intoppi di sorta.
    Le opinioni in merito, mi riferisco in particolare all'apertura, sono le più disparate e discordanti, in termini di pratiche da presentare (CILA,DIA, SCIA), di tempistiche da rispettare (30 giorni prima dei quali non posso fare alcun lavoro in casa, oppure posso cominciare i restanti lavori e lasciare bagno ed apertura alla fine in attesa del permesso), di costo delle varie pratiche.
    Molti dicono che essendo una parete della facciata esterna non abbiamo molte speranze che ci venga concesso il permesso, altri dicono che molto dipende dal municipio.
    Il municipio in questione è il VII.
    Nella speranza di ricevere un suo parere tecnico e professionale le auguro una buona serata.

    Cordiali saluti

    Mario

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    1. Ciao Mario: se escludessi il lavoro della porta-finestra, le opere rientrerebbero in CILA senza ombra di dubbio. La finestra, invece, è un opera che va a modificare il prospetto esterno dell'edificio (anche se l'affaccio è interno) e dunque c'è poco da interpretare: si va in DIA punto e basta. Con la CILA puoi iniziare i lavori anche il giorno stesso del deposito al municipio, mentre la DIA, prevedendo il rilascio del titolo edilizio mediante il silenzio-assenso (la CILA non prevede rilascio di titoli perché sono opere libere) ha bisogno dei trenta giorni per far maturare l'autorizzazione. La porta finestra è quasi certamente autorizzabile, con l'assenso del condominio: certo la faccenda si complicherebbe se l'immobile fosse sottoposto a vincolo, dovendo, oltre alla DIA, richiedere l'autorizazione all'ente tutore del vincolo. Per quanto riguarda i costi, le DIA sono più costose delle CILA sia per quanto riguarda la parcella del tecnico (c'è oggettivamente più lavoro da fare e soprattutto ci sono più responsabilità) che per l'onerosità della pratica stessa. Se con una CILA te la puoi cavare certamente con meno di 2.000 euro tra parcelle, iva ed oneri vari da devolvere a municipi e catasto, con la DIA difficilmente si parte da meno di 2.500 euro ma si arriva facilmente a 3.000 (considera già solo la differenza della reversale di base: 250 euro per la CILA, 400 per la DIA) ammesso che non ci siano vincoli: ovviamente sono cifre che ti dico orientative e per il tuo caso specifico...l'onerosità delle DIA può arrivare a qualunque cifra in base alle opere da autorizzare (pensa ai frazionamenti o demolizioni e ricostruzioni di interi fabbricati) perché è uno strumento con delle potenzialità molto ampie. Nella DIA per la porta finestra potresti benissimo far rientrare anche le opere della ristrutturazione interna, solo che se fai una pratica unica allora anche per le opere interne, che pure non necessitano titolo, dovresti aspettare i trenta giorni. Altrimenti, in caso di controlli durante i primi trenta giorni, se vengono iniziate le opere interne (per la porta finestra conviene aspettare che siano passati i trenta giorni), viene comminata la sanzione amministrativa di 258 euro, senza ulteriori denunce. Ne approfitto: se vuoi dei preventivi di spese più precisi sulle parcelle e sulle onerosità mandami un email, che trovi alla pagina "chi sono-contatti" :-)

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  47. Buonasera Architetto,
    sono un giovane ingegnere alle prime armi, dovendo ristrutturare il mio appartamento (esclusivamente l’interno dell’immobile senza parti strutturali)(comune di Roma X municipio) dovrei presentare una "semplice" CILA. Nella redazione di tale documento ho delle difficoltà in riferimento alla compilazione dell'allegato "prospetto vincoli". Nel dettaglio avrei alcune domande da porle:
    - dove verifico che l'immobile non ha nessun tipo di vincolo?
    - cos'è il così detto "parere" che compare nell'allegato?
    - nel caso in cui l'immobile non detiene nessun tipo di vincolo, l'allegato risulterebbe in bianco? (nel modulo CILA è scritto che è obbligatorio consegnarlo)
    La ringrazio in anticipo per quanto sopra e per gli articoli pubblicati fin ora che sono stati davvero illuminanti.

    Saluti
    Marco

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    1. Ciao Marco,
      sto preparando dei post sui vincoli che spero di riuscire a pubblicare a breve (l'argomento è vasto e in questo periodo ho poco tempo per scrivere), nel frattempo ti posso dire che le verifiche sui vincoli sono sostanzialmente due: 1. analizzare la "carta per la qualità" che è uno dei documenti del PRG (elaborati gestionali) - ho scritto un post proprio sulla lettura di questo documento, al quale ti rimando per approfondire e 2. l'analisi del PTPR della regione lazio, consultabile on-line a questo indirizzo: http://www.regione.lazio.it/PTPR/PTPRB/ Con questi due documenti dovresti poter coprire l'intera casistica di vincoli che possono ricadere in ambiti urbanizzati (altri vincoli che potresti trovare in ambiti meno urbanizzati sono quelli di rispetto di infrastrutture come ferrovie od aeroporti, e cose del genere) ma soprattutto, per lavori esclusivamente interni, la casistica dei vincoli che devi verificare si riduce solo a quella della verifica del vincolo architettonico, il quale dovrebbe essere riportato nella carta per la qualità. Comunque nel X municipio mi sembra che siano davvero pochi gli immobili soggetti a questo tipo di vincolo.
      una volta verificati i vincoli, compili il modulo, barri la casella corretta (assenza di vincoli, oppure la casella del vincolo che hai trovato) e depenni tutto il resto. Se individuassi un vincolo, saresti obbligato a presentare la CILA soltanto dopo aver chiesto ed ottenuto il "parere" dell'ente sottoposto alla tutela del vincolo: quindi la casella "parere" la compilerai solo in questo caso.
      cmq ti ripeto, per opere interne la casistica dei vincoli cui potresti essere assoggettato è veramente ristretta alla sola verifica della tutela architettonica.

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    1. Ciao, benvenuto nell'agone della professione :) rispondo alle tue domande: si, il modulo può essere compilato a mano, in teoria è fatto apposta; uno dei due proprietari deve firmare come interessato agli interventi, e diventerà automaticamente titolare anche delle responsabilità connesse, mentre l'altro comproprietario firmerà nella pagina degli ulteriori intestatari dell'istanza. Allega la fotocopia del documento di entrambi tra gli allegati. Per quanto riguarda il tuo ultimo quesito, certamente il foglio che ha l'amministratore va più che bene a legittimare le preesistenze, e puoi citare il protocollo di questo come licenza di costruzione. Nella riga della conformità, dovrai scrivere che lo stato dei luoghi è conforme alla licenza stessa, ovviamente dopo aver verificato che sia effettivamente così. COme lo verifichi? anzitutto facendo la visura della planimetria catastale: se risale ai primi anni '40 ed è conforme allo stato dei luoghi, allora quasi certamente non è stato toccato nulla dalla costruzione. Se invece vedi che la planimetria è più recente, ovvero dagli anni'50 in poi, dovrai subito farti sorgere il dubbio che l'immobile sia stato trasformato senza autorizzazioni: nel caso occorrerà andare a cercare il progetto allegato a quella licenza che ha l'amministratore. Putroppo sei nell'anno "in bilico" tra i progetti che possono stare all'archivio del dipartimento PAU dell'eur e quelli che possono stare nell'archivio capitolino. Quest'ultimo fino a qualche anno fa stava alla chiesa nuova, non so se l'hanno spostato. Se le ricerche in entrambi gli archivi fossero infruttuose, farei una scappata all'archivio del catasto a viale ciamarra dove potresti cercare se esiste una planimetria precedente a quela che hai. Altrimenti dovrai accollarti il non leggero onere di dichiarare che i progetti sono irreperibili e che ti assumi la responsabilità che lo stato dei luoghi è conforme.

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    1. fai una visura all'archivio cartaceo del catasto: vai a viale ciamarra, entra in sala visure, e chiedi dello sportello per le visure d'archivio cartaceo. ti faranno compilare un modulo e dopo una settimana potrai tornare per conoscere l'esito: chiedi specificatamente che venga fatta una ricerca per la planimetria d'impianto che dovrebbe risalire agli anni '40. La planimetria catastale fatta per presentazione planimetria mancante vale quello che vale: cioè a fini urbanistici zero spaccato. Se la ricerca all'archivio non dà esito, ti resta di provare con l'archivio progetti del dipartimento o con l'archivio capitolino. Se tutti danno esito negativo, presentati col catastale del 2012 e tenta la sorte.

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  51. Caro architetto, ho presentato una Cila per ristrutturare la mia prima casa a roma, di circa 90 mq, e ho indicato una ditta che avrebbe dovuto fare i lavori (oltre naturalmente il direttore dei lavori).
    Per incomprensioni, la ditta mi ha fatto e fatturato solo i lavori iniziali (demolizioni , tracce e smaltimento calcinacci).
    Ora vorrei comunicare al Comune la sostituzione della ditta precedente con una nuova ditta e il relativo DURC che farà gli altri lavori.
    Ma a questo punto, devo anche comunicare qualcosa alla Asl per non perdere il diritto alla detrazione fiscale. Cioè, la ditta che esegue è sempre una, perchè io la precedente la sostituisco e non la affianco.
    E poi devo fare altri adempimenti, tipo nomina di un coordinatore progettazione, di un coordinatore esecuzione lavori, il pos ecc?
    Grazie

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    1. Se sostituisci l'impresa, e se questa è sempre unica senza subappaltatori, secondo me non ricadi negli obblighi di cui all'81/08, quindi non sei obbligato alla spedizione della notifica preliminare alla ASL. Se non c'è obbligo di notifica preliminare, non sei neanche soggetto alla nomina di un coordinatore della sicurezza nè, quindi, al PSC. Il POS è un documento che le imprese dovrebbero comunque fare per ogni singolo cantiere, indipendentemente dal PSC.

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  52. Scusate la domanda "stupida" quando serve L'atto D'obbligo??
    Non riesco a capirlo proprio! e premetto di essere un NEO-geometra, quindi ancora ho molto da imparare.. mi trovo a compilare la relazione per una CILA e non so se necessità di atto d'obbligo o no..

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    1. l'atto d'obbligo è necessario quando il rilascio del titolo è subordinato ad una condizione che non può verificarsi finchè le opere non sono realizzate: dunque con quell'atto il titolare si impegna, prima dell'inizio delle opere, a fare le procedure necessarie per attivare la condizione richiesta non appena conclusi i lavori. Il caso tipico è quello dei parcheggi pertinenziali realizzati con la ex Tognoli: la legge consente la realizzazione dei parcheggi nelle aree private, ma solo e soltanto se questi sono pertinenziali ad abitazioni esistenti. Finchè i box non sono costruiti ed accatastati non è possibile giuridicamente renderli di pertinenza di altri immobili, e dunque il proprietario all'atto del deposito della DIA per i box dovrà allegare un atto d'obbligo in cui si impegna con il Comune a rendere i realizzandi box pertinenziali di appartamenti esistenti. I casi in cui serve comunque non sono molti: nelle ristrutturazioni di appartamenti è molto raro che possa essere necessario.

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  53. Caro architetto, ho presentato una Cila per ristrutturare la mia prima casa a roma e ho indicato una ditta che avrebbe dovuto fare i lavori.
    Per incomprensioni, la ditta mi ha fatto e fatturato solo i lavori iniziali (demolizioni , tracce e smaltimento calcinacci).
    Ora vorrei comunicare al Comune la sostituzione della ditta precedente con diverse imprese, (individuali, senza dipendenti e i relativi DURC) che faranno gli altri lavori.
    Ma a questo punto, devo anche comunicare qualcosa alla Asl per non perdere il diritto alla detrazione fiscale?
    Da quello che mi hanno riferito, essendo ditte individuali senza dipendenti non dovrei fare tale comunicazione preventiva, nè il PSC; basterebbe solo la comunicazione di sostituzione delle nuove ditte individuali al Comune?
    Grazie di nuovo

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    1. teoricamente - ma appunto è solo una teoria - le ditte individuali non fanno numero per calcolare il "numero di imprese" presenti in un cantiere: quindi in teoria 10 ditte individuali ed 1 impresa in un cantiere fanno sempre un totale di 1 impresa. Al comune basta che ne indichi una sola, possibilmente quella che farà la parte edile e che quindi sarà iscritta alla camera di commercio tra gli edili.

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  54. Gentile Marco, grazie per i tuoi ottimi post. Ora non ho letto ttutti i numerosi commenti, ma se non è già stato fatto volevo segnalarti che l'obbligo dei 14mq a stanza è nel regolamento edilizio, a cui hai anche linkato, art.40 a e b.
    Grazie comunque, il tuo aiuto è prezioso per orientarsi in questo ginepraio.

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    1. Ciao Gennaro, grazie della tua partecipazione. In realtà la questione è che nel regolamento edilizio, anche all'articolo da te citato, non è specificato che sia obbligatorio avere per forza una stanza da letto da 14mq. Ovvero, se faccio una stanza da letto che dichiaro abitabile per due persone, allora questa deve essere da 14mq, ma io posso anche fare una stanza per una sola persona (poi se ci dormono in due è un problema di uso improprio del locale da parte del committente, ma il tecnico non c'entra nulla), perché la legge non mi obbliga a dotare l'appartamento necessariamente di una stanza doppia. Quindi nessuno mi può impedire di depositare un progetto in cui ho un appartamento con un bel salone (questo si di almeno 14mq: art. 40 comma C) e poi una sola camera da letto da 9mq. Difatti molti degli edifici costruiti in questi ultimi anni a Roma sono dei bilocale con soggiorno da 14mq e una sola camera da 9mq. Ciao!

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  55. ho quasi ultimato la ristrutturazione completa di un appartamento come manutenzione straordinaria, per la quale è stata presentata regolare CILA presso il primo municipio di Roma. La planimetria preesistente è stata leggermente modificata ed è stato creato un secondo bagno, tutto ovviamente secondo il titolo abilitativo. Ora qualcuno mi dice che posso presentare il fine lavori senza riaccatastare l'appartamento per evitare variazioni della rendita, e farlo eventualmente in secondo tempo solo in caso di vendita dell'immobile. Secondo altri invece è obbligatorio presentarlo prima del fine lavori. Ho letto altrove che con la CILA non è neanche obbligatorio presentare il fine lavori. Quale è la versione corretta? Posso effettivamente presentare la variazione planimetrica prima di una futura eventuale vendita senza incorrere in sanzioni? Cosa devo fare?

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    1. Ciao Luca,
      le indicazioni dell'agenzia del territorio sono abbastanza chiare, e dicono che la planimetria va aggiornata comunque entro trenta giorni dalla fine effettiva dei lavori. Quindi va fatta. Non è detto che la rendita aumenti: se non hai suddiviso l'immobile generando un numero di vani superiore alla preesistenza non c'è aumento della rendita. Se tuttavia l'immobile avesse una classificazione un po stridente con la classe dell'immobile (p.e. fosse un A/4 in un edificio con tutti A/2) allora al momento della variazione è opportuno adeguare la classe e di conseguenza anche la rendita.
      la CILA per legge nazionale non ha bisogno del fine lavori, ma io lo faccio sempre, e ci allego il catastale: è un atto che tutela il committente, il tecnico ed anche il municipio.

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  56. Caro generoso collega che ci tendi il filo per uscire dal labirinto burocratico delle pratiche edilizie, grazie in anticipo!
    Spero di poterti scocciare anche io per un chiarimento tecnico.
    Una villa regolarmente costruita con concessione edilizia si avvalse anche dell'ultimo condono. Da mia verifica questo condono non risulta ancora concesso e non c'è certificato di abitabilità. Posso realizzare una cila per opere interne? La suddetta cila serve anche per ottenere le detrazioni fiscali al 50%, ex 36%.

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    1. Ciao Veronica, puoi tranquillamente depositare la tua cila, solo che in caso di domanda di condono non ancora definita dovrai allegare alla cila la copia dell'intera domanda di condono. Inoltre, al municipio potrebbero (dovrebbero) chiederti di allegare una liberatoria con cui il tuo committente rinuncia a rivalersi presso il Comune nel caso in cui la sanatoria venga rigettata, circostanza che farebbe diventare la tua cila potenzialmente nulla.

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  57. Complimenti Architetto, è tutto interessantissimo, lei nelle sue spiegazioni è molto chiaro ed è sottintesa la lampante competenza. Avrei da farle qualche domanda per una semplice CILA. L’appartamento avrà un abbattimento delle pareti e la loro ricostruzione, tra le quali c’è una spalletta della cucina la cui posizione sarà in funzione della dimensione di quest’ultima che non è stata ancora decisa, quindi potrebbe essere avanzata o indietreggiata rispetto alla posizione raffigurata dai grafici della CILA, posso non preoccuparmi e catastalmente per una corrispondenza con la realtà inserirla anche spostata rispetto alla planimetria consegnata con la CILA (ovviamente non sarà da un altro lato)? Questa spalletta prosegue inoltre con un muro più basso, dove dovrà essere appoggiato un piano penisola, anche questo muro più basso dovrà essere raffigurato? Se fosse così, con una cucina in muratura come bisognerebbe comportarsi, ignorarla secondo il principio per il quale “tutto quello che inserite nel progetto può essere usato contro di voi”? Ultima domanda, sicuramente più stupida, si parla di planimetrie “debitamente quotate” nel vecchio studio dove lavoravo e dove ci occupavamo spessissimo di Dia e di N.O. alla Soprintendenza, le planimetrie venivano quotate solo con le dimensioni totali delle unità immobiliari non delle singole stanze, lei parla di quote principali degli ambienti, es. cucina, stanza, bagno, ecc. (se l’ho interpretata correttamente), lei crede che siano accettabili entrambe le soluzioni o la prima essendo sicuramente più vaga può inceppare nella diversità dei vari municipi e delle loro richieste. La ringrazio in anticipo di una sua possibile e gentile risposta , colgo l’occasione per rinnovarle i complimenti per tutto questo.
    Angela

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    1. Ciao Angela: la spalletta della cucina rappresentala come è più probabile che sarà. Se poi verrà realizzata in modo diverso valuterai tu se lasciare tutto com'è o se fare una variante in corso d'opera alla CILA stessa. Il muretto basso può non essere rappresentato. La cucina in muratura può essere rappresentata in modo estremamente semplificato oppure può non essere rappresentata per niente, essendo, di fatto, arredo. Generalmente se la cucina è in realtà un angolo cottura aperto sul soggiorno tendo a rappresentarlo, mentre invece se la cucina è all'interno di un vano apposito non rappresento anche gli arredi interni. Io quoto sempre i singoli ambienti con le due quote principali, ma tanto quello che conta è la tabellina in cui dichiari la superficie degli ambienti e dei rapporto aeroilluminanti: tendenzialmente, infatti, potresti anche non quotare nulla perché la tua dichiarazione sulla superficie delle stanze supera ogni ulteriore definizione, ma dato che è una cosa che non crea problemi di alcun tipo, le quote le rappresento sempre.

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    2. Grazie Marco, gentile come sempre, la cucina in muratura ho deciso di non rappresentarla, come dici tu essendo di fatto arredo... Per quanto riguarda il muretto basso ha comunque un'altezza di m 1,00 - 1,10 circa, posso con queste dimensioni non rappresentarlo o potrebbero sorgere problemi in futuro nella vendita dell'appartamento in questione? Sarebbe la continuazione della spalletta ma con il doppio del suo spessore. Grazie ancora e ti auguro intanto buona serata.

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    3. Beh se preferisci rappresentarlo è ovviamente una tua scelta: nel caso, rappresentalo comunque in proiezione e non in sezione come le pareti, anche se la geometria descrittiva ti direbbe di rappresentarlo sezionato anch'esso.

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  59. Caro Architetto,
    ho presentato una Cila per manutenzione straordinaria al IX municipio; ora, però, vorrei comunicare la sostituzione della precedente ditta indicata indicando 3 imprese individuali che effettueranno i lavori (con relativi DURC e iscrizione alla Camera di commercio)senza dipendenti e presenterò un progetto redatto da un ingegnere per la realizzazione dell'impianto di riscaldamento.
    Vorrei presentare tali comunicazioni a firma mia, in qualità di proprietario dell'appartamento e di committente (il direttore dei lavori è momentaneamente fuori Roma).
    In sostanza, vorrei presentare un normale foglio A4 in cui dico
    " In riferimento alla cila n. ecc. il sottoscritto, in qualità di proprietario e committente dei lavori, comunica che in sostituzione della ditta.....in precedenza indicata, i lavori saranno eseguiti , per la parte elettrica da...., per la parte idrualica da.... per la parte muraria da....() dei quali si allega DURC e iscrizione alla camera di commercio; si deposita, altresi, Si deposita, altresì, copia del progetto di realizzazione dell’impianto di riscaldamento autonomo ai sensi dell' art. 5 del D.M. 37/08 e s.m.i.".
    Secondo Lei, posso farlo? o potrebbero, secondo legge, richiedere la firma anche del direttore dei lavori?
    in questo caso, essendo il direttore dei lavori fuori Roma per un pò di tempo, rischio di rimanere bloccato coi lavori.
    Grazie, Marco.

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    1. Ciao Marco, anzitutto leggiti questo altro mio post che parla proprio degli adempimenti in caso di rifacimento dell'impianto termico http://architetticampagna.blogspot.it/2013/01/rifare-limpianto-termico-di-casa.html anzitutto, se installerai una caldaia a condensazione sarai esentato dall'obbligo di realizzare la canna fumaria, e, quindi, di conseguenza non sei soggetto all'obbligo di deposito del progetto d'impianto (l'obbligo di deposito scatta in caso di canne fumarie "ramificate"). Quindi il deposito del progetto non è obbligatorio, secondo me, ma il progetto deve comunque essere eseguito. Quello che è obbligatorio è invece il rispetto dei dettami del DPR 59/09 il quale ti obbliga a diverse incombenze alcune delle quali ti potrebbe creare problemi condominiali: installazione di sistemi schermanti esterni e installazione di pannelli solai (o altro sistema a fonti rinnovabili) per coprire almeno il 50% del fabbisogno di acqua calda sanitaria, ed ogni "zona termica" (leggi stanza) dell'appartamento deve essere dotato di un sistema di regolazione autonomo contro i sovrariscaldamenti (anche una banale valvola termostatica, ma questo è il meno). Inoltre, se dichiari che in cantiere ci saranno tre imprese individuali, automaticamente scattano gli obblighi di cui all'81/08 e quindi nomina del coordinatore della sicurezza e invio della notifica preliminare alla ASL. Comunque, per rispondere alla tua domanda, in caso di cambio dell'impresa io in genere faccio ricompilare le pagine della sola istanza del modulo CILA (le prime tre pagine del modulo insomma), nella quale in ogni caso va indicata la sola impresa capofila affidataria.

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  61. Buongiorno Architetto
    sono proprietaria di un appartamento a Roma situato nel 1° municipio e dopo avere presentato apposita Cila all'Ufficio Tecnico, ho iniziato dei lavori di ristrutturazione nei quali è compresa anche l'aggiunta di un secondo bagno. Nel corso dei lavori però, mi sto accorgendo che sarebbe opportuno applicare qualche piccola variante, ossia mantenere un tramezzo inalterato (che nel progetto invece veniva parzialmente "spostato" per realizzare una piccola nicchia profonda cm 60 e larga cm 60 che invece non verrebbe più realizzata) che quindi ridurrebbe di un poco l'area di questo secondo bagnetto rispetto al progetto approvato. Ora però non so se sia sufficiente dare una semplice comunicazione all'Ufficio Tecnico
    (non essendo ancora finiti i lavori) oppure addirittura rifare una seconda CILA presentandola come variante. L'architetto che mi ha curato la CILA dice che è sufficente allegare il progetto finale corretto alla "Comunicazione Fine Lavori", insieme alla variazione catastale (che quindi occorre fare prima di tale comunicazione). Ho davvero le idee confuse.
    Lei che mi consiglia?
    Grazie - Angela

    P.S: Tanti complimenti davvero per questo blog

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    1. Salve Angela,

      la prassi corretta prevede la presentazione di un nuovo modulo CILA, nel quale è appositamente contemplata la possibilità di selezionare l'opzione "nuova CILA in variante alla CILA prot.n. del.". Non è ammesso il deposito di nuovi tipi direttamente al fine lavori, anche perché non ha senso. Le chiederanno di pagare nuovamente i 252 euro della reversale di base: purtroppo al primo municipio si comportano diversamente rispetto a tutti gli altri, nei quali vengono chiesti "solo" 125 euro per le varianti.

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  62. Carissimo Marco ho seguito i tuoi consigli, mi trovo con un altro dubbio che non sono riuscita a superare nonostante una ricerca. La CILA in questione è di un fabbricato antecedente al 1967 senza planimetria del 42(che fortuna). Prima del rogito c'è una dichiarazione del proprietario che afferma, relativamente al detto immobile, che è stato realizzato prima del 1° sett. 1967 e che "non sono state apportate modificazioni, variazioni... e quant'altro soggetto a concessione, approvazione, autorizzazione... 1 DUBBIO, in precedenza poco prima del rogito credo che sia stata presentata una CILA in sanatoria perchè è stata aggiornata la planimetria catastale, questo non contrasta con quanto da lui affermato? 2° DUBBIO: sulla relazione... l’attuale stato dei luoghi e la destinazione d’uso urbanistica, rappresentati nell’elaborato grafico ante-operam, sono conformi al seguente titolo (citare estremi titolo abilitativo): si riferisce alla possibile CILA in sanatoria, se è così gli estremi dove si prendono, basta allegare l'ultima planimetria catastale?
    Ti ringrazio e ti ringrazio, so che con la tua preparazione saprai indicarmi. Buona giornata

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    1. Ciao, se è stata presentata una CILA poco tempo fa ovviamente farai riferimento a questa quando ti si chiede di dichiarare quale titolo edilizio legittima lo stato di fatto. Potresti cercare di ottenere questa precedente CILA anche per vedere come l'altro tecnico ha legittimato la preesistenza del fabbricato: magari ha trovato l'abitabilità o qualcos'altro e li ha citati. Per quanto riguarda le dichiarazioni contrastanti, bisogna capire i tempi: teoricamente potrebbe aver fatto i lavori da quando ha emesso la dichiarazione e quando ha presentato la CILA a sanatoria...comunque se ci sono dichiarazioni contrastanti del proprietario precedente a te non rileva.
      Ciao!

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    2. veramente è stata aggiornata prima la planimetria catastale e poi la dichiarazione contenuta nell'atto di vendita, a parte questo che per noi conta poco, se il vecchio proprietario non ha conservato la documentazione della cila in sanatoria come potrei recuperarla? Buona serata

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    3. puoi fare una richiesta di accesso agli atti al municipio in cui è stata depositata, avendo la delega di chi è attualmente proprietario dell'immobile. Entro trenta giorni sono obbligati a risponderti.

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  64. Salve Marco, in primis complimenti per come manda avanti questo blog, trovo tutto ciò spettacolare, la costanza e la prontezza nelle sue risposte sono un esempio per questa società.
    Volevo chiederle se in una ristrutturazione straordinaria con la conseguente diminuzione dei vani catastali c'è bisogno di una dichiarazione. Mi hanno parlato di accertamento se si va ad indicare nel docfa un vano in meno, correggimi se sbaglio, la rendita dell'immobile dovrebbe diminuire, ma è una cosa automatica, potresti spendere qualche parola su questo argomento, grazie.

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    1. Ciao Cristiana, il catasto ha delle procedure e delle regole ovviamente diverse dall'urbanistica, in quanto loro "dipendono" dal ministero delle finanze (ed anzi da poco il catasto formalmente non esiste più perché è stato inglobato nell'agenzia delle entrate). La regola generale è che non si può abbassare la rendita di un fabbricato, soprattutto se la si abbassa per variazione del numero dei piani. Purtroppo il caso mi è capitato spesso: andando a fare il classamento automatico con la nuova distribuzione, veniva un numero di vani inferiore alla situazine di provenienza: risultato, tutti i docfa fatti così sono stati rigettati. Per approvare un docfa in riduzione della rendita dovresti farlo in accordo con i tecnici del catasto: insomma non è una cosa facile. Per contro, però, mi hanno anche rifiutato di recente un docfa in cui la rendita leggermente aumentava (ma non per il numero dei vani, perché se i vani aumentano allora la rendita aumenta per forza): almeno c'è la coerenza ;-)

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    2. E' stupido pensare di non variare i vani catastali essendo casa mia? Notte Marco le auguro sogni d'oro

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    3. Io non li vario per i clienti, perché non dovresti mantenerli per casa tua? ;) cmq confronta sempre quello che viene fuori col classamento automatico e regolati di conseguenza, di volta in volta.

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    4. Farò come mi dice Marco, oggi sono venuta a conoscenza che l'immobile non aveva la planimetria catastale e che il suo inseriemnto è avvenuto prima che fosse venduto, inoltre manca del titolo abilitativo, risoluzione: dichiarazione che il fabbricato è legittimo. Tale dichiarazione, la può fare l'attuale proprietario o per forza il tecnico? Una simile è contenuta anche nell'atto di vendita firmata dall'ex proprietario con timbro del notaio, ma sarebbe una fotocopia... Chi può farla, non mi sembra che ci siano indicazioni in merito... Accolgo un altro suo consiglio, buona giornata.

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    5. Una dichiarazione di legittimità la può fare solo un tecnico abilitato, non altri. Inoltre, è un documento che porta con sè gravi responsabilità, quindi deve essere redatto con perizia e competenza e assolutamente non con superficialità. Il fatto che la planimetria non esistesse è del tutto probabile: capita non di rado negli immobili costruiti tra gli anni 50 e 70. A volte sono solo planimetrie che semplicemente non hanno rasterizzato.

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    7. non riesco neanche a trovare una aerofotogrammetria datata della zona di Marconi, e cmq come ha detto la costruzione dell'edificio dovrebbe risalire proprio agli anni 50 massimo 70. Possibile che per uno spostamento di una parete... Cmq ritorno a ringraziarla, le auguro buon lavoro e complimenti per la sua ineccepibile preparazione.
      Cris

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  65. Al municipio XI mi han detto che se i lavori sono ante giugno 2010 la sanzione va sui 2000 euro, altrimenti solo 558, quindi la questione diventerebbe onerosa.Nel mio specifico caso c'è difformità dal titolo abitativo, ma ai venditori-eredi non risulta che siano mai stati fatti lavori. Avete un parere in proposito? Grazie

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  66. Può capitare che il costruttore stesso abbia realizzato in modo leggermente difforme dal titolo abilitativo: purtroppo capitava spesso negli anni 60-70 perché i collaudi venivano fatti con gli occhi bendati (senza motivo, tra l'altro). Purtroppo devi sanare, e municipi diversi hanno interpretazioni diverse rispetto alla sanzione da applicare: secondo me è illegittima la distinzione tra ante e post 2010, perché quando si sana, lo si fa con riferimento alle leggi in vigore al momento della sanatoria. Inoltre, le cifre che vengono fuori scaturiscono dalla LRL 15/08 e quindi perché se le opere sono ante 2008 mi fai applicare le sanzioni di una legge del 2008 che quindi prima non c'era? mi sembra un sistema per fregare la gente e basta. occorrerebbe fare ricorso al TAR, se non costasse di più che non dare i soldi al municipio. Comunque i 2.000 euro vengono fuori se si è in città storica, altrimenti sono "solo" 1.000, ai quali comunque vanno aggiunti i 516 euro di reversale di base per la SCIA.

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  67. Grazie infinite, sei una risorsa inestimabile. Secondo me senza scomodare il TAR dovremmo far pressione sull'ordine perché tuteli la nostre salute psicofisica esigendo dal comune chiarezza e servizi.
    Colgo l'occasione per lanciare un appello tra tutti i colleghi che leggono il tuo blog: se conoscete qualcuno all'ordine spingetelo a rappresentare queste istanze presso il comune. Tra l'altro manco c'è stato il tempo di avviare la DIA online -anche per sottrarsi alla discrezionalità del tecnico- che l'han sostituita con la CILA, che online non è. Scusa lo sfogo. E grazie ancora.

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  69. Caro architetto, scrivo di nuovo dal momento che le tue risposte sono sempre puntuali e chiare!
    Mi trovo a compilare la relazione tecnica allegata alla CILA. In particolare al punto 4 viene richiesto di dichiarare che "l'attuale stato dei luoghi e la destinazione d'uso urbanistica, rappresentati nell'elaborato grafico ante operam, sono conformi al seguente titolo (estremi titolo abilitativo)". Dove posso recuperare i titoli relativi ai precedenti interventi eventualmente eseguiti?
    Nel caso in cui scoprissi che lo stato dei luoghi è conforme al progetto originale riporto gli estremi della licenza edilizia?
    Grazie!

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    1. Le tracce di precedenti titoli edilizi rilasciati sull'immobile le puoi trovare sul rogito. Se il proprietario attuale è colui che in passato richiese un titolo, dovrebbe lui stesso avere copia degli atti o quantomeno conservarne memoria: se non si dovesse trovare nulla in casa, si potrebbe fare una richiesta di accesso agli atti, solo che alcuni municipi eliminano gli archivi cartacei vecchi di 8-9 anni, quindi di alcune cose potrebbe essersene completamente persa memoria se il proprietario non se ne trova i documenti.
      Se lo stato dei luoghi è conforme al progetto originario ovviametente citerai quello come atto che legittima la preesistenza: cita il numero di licenza edilizia e l'anno.

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  70. ho letto tutto dall'anno scorso ad adesso e non ho capito bene una cosa, camera da letto (16mq), cameretta salone cucina abitabile 10 mq 2 bagni, tutto originale,
    della mia camera grande posso ricavarne una piu' piccola sicuramente + di 9mq e col resto farci uno studiolo ed entrambi avrebbero la finestra, (è di 3 ante, 2 da una parte ed 1 dall'altra), e se si lo posso fare con l'edilizia libera o ci vuole un titolo dei 4 o 5 elencati?
    grazie bellissimo blog e buon lavoro
    zuzzo1939@libero.it

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    1. Ciao, non è possibile dividere la stanza da 16 mq in due stanze, perché se dò i 9mq minimi ad una, ne rimarrebbero 7 che sono pochi per l'altra. La destinazione "studio" non esiste, e non può essere usata per autorizzare spazi sublimite. nel caso si potessero realizzare due stanze "regolari" da 9mq, ammesso che il tuo sia uno di quei municipi che ritiene che gli immobili possano non avere una stanza da minimo 14mq, servirebbe una CILA.

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  71. Ciao e grazie per questo bel post.

    Noi abbiamo appena acquistato un appartamento e lo vogliamo modificare notevolemente facendo un salone con angolo cottura (dove ci saranno 1 finestre con 3 ante e 1 piccola dov'è la cucina, va bene per il rapporto aeroilluminante??) e in più vorrei aggiungere un bagno nella camera da letto e qui è il tasto dolente: questo bagno andrà per metà in una camera e per metà nell'altra e vorrei inserirvi un wc un lavabo angolare e una doccia angolare per guadagnare più spazio possibile ma quali sono le misure minime?? perchè vorrei rubare meno spazio alle camere ed avere i servizi in camera. questo bagno si troverà lontano dalla colonna di scarico, circa 10 m, quindi inseriremmo un sanitri per gli elementi.
    Grazie mille!

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    1. Ciao Giorgia, per i rapporti aeroilluminanti devi misurare la dimensione delle finestre: moltiplica quindi la misura che ottieni per otto, e se questo valore supera o è pari alla superficie calpestabile dell'ambiente servito allora sei a posto.
      I bagni sono assai delicati da dimensionare, e sebbene esistano delle dimensioni minime inderogabili, vi sono distribuzioni che consentono una ottimizzazione massima degli spazi. Molto dipende anche dalla posizione della porta e dal modo in cui apre. Se vuoi, esistono sanitari speciali (Hatria you&me) che possono essere messi anche su una larghezza complessiva di 105cm invece dei 120 canonici, ma ti ripeto non è il sanitario in sè che cambia la situazione: bisogna progettarlo nell'ottica giusta ;) se vuoi io eseguo anche servizi di progettazione "a distanza", qualora non fossi di Roma.

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  72. Ciao Marco di ringrazio per la pronta risposta.
    Quindi per te un bagno di 120cm*140cm possa andar bene? ho fatto un piccolo disegno e tutti gli elementi ci stanno perfettamente!

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    1. beh dipende da dove metti la porta e da quanto ritieni che possa essere piccola la doccia ed il lavabo. Le misure mi sembrano eccessivamente risicate, comunque se ti accontenti di un lavamani come lavabo e di una doccia claustrofobica ce la potresti fare ;) Se vuoi accettare un consiglio, direi che la misura minima per avere sanitari decenti e soprattutto lo spazio per muovercisi sarebbe di cm. 130x180, con la porta magari scorrevole posta sul lato lungo.

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  73. a dici? perchè avevo messo un piatto doccia 70*70 angolare e un lavabo 50*50 angolare... mi sono fatta un piccolo schizzetto e mi sembrava esser tutto corretto... ma a prescindere dalla grandezza dei sanitari volendo si potrebbe fare un bagno di queste dimensioni?

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    1. Un conto è la dimensione del sanitario in sè, un altro è lo spazio attorno di cui hai bisogno per usarlo ;) se hai previsto un lavabo angolare allora dovresti avere uno spazio libero di almeno 60cm davanti per poterlo usare comodamente. Alla doccia puoi accedere anche solo da un lato, volendo, ma messi uno accanto all'altro significa che non hai lo spazio per usare il lavabo...

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  74. Gentile collega architetto, le chiedo consiglio riguardo una problematica atipica credo, dove molti cercano di chiudere e verandare balconi per recuperare preziosi metri quadri di residenza io al contrario mi trovo ad avere un appartamento privo di balconi, in un condominio con affaccio totalmente libero sull'agro romano, nel quale avrei intenzione di realizzare una sorta di loggia interna di circa 2,5 mq sfruttando una delle ampie finestre dell'appartamento per poter trovare una collocazione più adatta alle mie numerose piante . Eliminerei chiramente l'infisso esterno, ricostruendo una nuova parete vetrata arretrata con porta finestra all'interno dell'appartamento. L'intervento ovviamente non porterebbe modifiche alla facciata condominiale. Secondo lei è un intervento da sottoporre a cila o dia? Inoltre, volendo un domani vendere l'appartamento e ripristinare la situazione originaria ha senso farlo risultare come loggia esterna a tutti gli effetti scorporandolo dalla superficie residenziale? Oppure c'è qualche possibilità di configurarlo come una veranda interna? una serra interna? giardino di inverno??
    La ringrazio in anticipo per l'attenzione.

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    1. Ciao Marco,
      secondo me occorrerebbe presentare una DIA perché si tratterebbe di cambio di destinazione d'uso. è importante chiarire il punto con il municipio di competenza che se un domani intendesse ripristinare la superficie, dovrà essere considerata legittima quella autorizzata dal primo permesso di costruire che ha assentito il volume: comunque credo non ci siano problemi in tal senso. Sulla loggia immagino affaccerebbero dei locali, i quali dovranno rispettare il fattore finestra considerando il fatto che affacciano su un loggiato, che è una condizione abbastanza sfavorevole (e quindi necessiteranno di infissi molto ampi).
      Vorrei suggerirti di considerare l'opportunità di sostituire l'attuale infisso esterno con uno a scomparsa quasi totale (un infisso impacchettabile per esempio, o parzialmente a scomparsa nei muri laterali): in questo caso presenterai una semplice SCIA per modifica d'infisso esterno, e ti sarà più facile gestire la distribuzione interna (dipende però sempre dalla pianta dell'immobile).

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  75. Grazie per la risposta tempestiva, chiaramente propendo per la seconda ipotesi un infisso esterno "impacchettabile" mi sembra un ottima soluzione, ma in tal caso come far coesistere e come giustificare all'interno della cila la presenza secondo diaframma vetrato più interno?
    Non potrà essere considerato un vano a se stante ... per via delle dimensioni estremamente ridotte, non un ripostiglio... e andrà quindi considerato come appendice della camera su cui insiste (in cui sono presenti anche altre finestre) o sbaglio? In tale seconda ipotesi (doppia partizione vetrata) potrei anche sfruttare tale ambiente a "serra" come fonte di aria tiepida nei mesi invernali con un ventilconvettore e in tale caso, secondo la sua esperienza, c'è la possibilità di connotarlo sulla cila con questa sua funzione bioclimatica ... o conviene tenermi sul generico lasciandolo come un qualcosa di indistinto? Già mi immagino la domanda del tecnico di turno ... con dito puntato sul disegno in questione... <>. Il suo sito è spesso fonte di spunti e di approfondimenti estremamamente interessanti e per questo la ringrazio nuovamente. Marco

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    1. In realtà la situazione andrebbe studiata piantina alla mano, appunto per capire come "organizzare" gli spazi attorno alla loggia. Se vuoi, possiamo parlarne più approfonditamente prendendoci un appuntamento a studio...da qui non so come aiutarti oltre ;-)

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  77. Buonasera Marco,
    avrei una domanda da porle...
    parto dall'inizio così mi capisce meglio.
    Tempo fa ho presentato una CIAL in comune per ristrutturazione di interni, ora i lavori sono finiti e sono in procinto di presentare il docfa. L'appartamento in questione è posto al piano rialzato con un bel giardino privato di circa 90 mq ad uso eslusivo...i proprietari hanno voluto pavimentarlo, diciamo per 3/4, ma quando ho presentato la cial ho dimenticato di scrivere la pavimentazione del giardino e sinceramente pensavo sbagliando che fosse manutenzione ordinaria.
    Il problema sorge ora in quanto i condomini del piano di sopra si sono lamentati con l'amministratore per la pavimentazione fatta, ottenendo dall'amministratore la risposta che il giardino essendo privato non rientrava in una richiesta condominiale.Allora i condomini hanno detto che si sarebbero rivolti all'ASL. Secondo lei cosa dovrei fare ora per sanare il tutto?Posso presentare un nuovo progetto con il disegno della pavimentazione già fatta o andare a parlare direttamente con un tecnico comunale raccontandole la storia? Se i vigili vengono a controllare a cosa si va incontro? C'è da premettere che anche il giardino di un paio di vicini sono pavimentate più o meno nella stessa misura, quindi non rappresenta un cambiamento solo il giardino in questione. Ho letto di un indice di permeabilità che andrebbe rispettato, mi può definire meglio cosa sia?
    Se può aiutarmi la ringrazio immensamente
    buona serata

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    1. Ciao, le opere di pavimentazione esterna sono definite attività edilizia libera, comunque soggette, nel comune di roma, al deposito di una CIL (senza la "A"). In caso di opere già eseguite, come per la CILA, si applica una sanzione abbastanza blanda: 258 euro in caso in cui sia l'amministrazione ad accertare l'illecito, oppure un terzo di tale cifra in caso di sanatoria spontanea. Qui trovi uno dei modelli unificati per la CIL, non so in che municipio sei: http://comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/CIL_Procedura_UNIFICATA.pdf Da un punto di vista un po più critico e raffinato, si potrebbe pensare ad una tua omissione in quanto comunque la pavimentazione esterna la potevi rappresentare nella CILA che hai già presentato, ma, in fondo, nessuno ti vieta di fare una variante in corso d'opera adesso, prima di fare l'accatastamento, per "inserire" nella CILA (che è un titolo "leggermente" più potente della CIL e quindi può ricomprenderne le opere) anche la pavimentazione esterna. Così dovrebbero essere tutti sereni. Ma poi perché vorrebbero mandarti la ASL? se i lavori sono finiti non ha senso, semmai i vigili. Sulla permeabilità dei suoli non so dirti gran chè: so che esiste una legge ma sinceramente non l'ho mai dovuta cercare. Secondo me conviene comunque che vai a parlare con i tecnici al municipio prospettandogli queste ipotesi: presentare una CIL a sanatoria per la sola pavimentazione esterna oppure fare una variante alla CILA. Fammi sapere!
      Ciao!

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  78. Salve Arch. Campagna, innanzitutto mi complimento per la disponibilità e la preparazione che mette generosamente a disposizione di tutti, sono approdato sul suo sito alla ricerca di una risposta ad un quesito sul quale il tecnico comunale è stato un po' vago:
    X Municipio apertura di un buco nel solaio per accesso al lastrico solare, mi obbligano a presentare una SCIA pur non volendo alcun deposito al Genio dei calcoli ma una semplice relazione in cui si dichiara che non vi sono variazioni nel comportamento della struttura. venendo al sodo, secondo il tecnico comunale dovrei presentare una scia perchè vado ad intervenire sulla struttura portante e poi allegare una relazione ove dichiaro che non si alteranto le caratteristiche della struttura.....
    Lei che ne pensa al riguardo?
    Cordiali Saluti
    Emanuele

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.